Home
 
ANANE The evolution ethnic (slebar-slebor) Indonesian Prog Society 2005 INDN

L'Indonesia è una terra che non smette mai di sorprenderci: seppur ogni volta tra mille difficoltà, da ormai 40 anni sforna piccoli e grandi gioielli di musica progressive. Su tutti forse brilla il disco omonimo dei Guruh Gipsy del 77, capace di fondere in maniera sublime il Gamelan (musica tradizionale del sud di Giava) con il jazz rock e il prog più avanguardistico. "The Evolution Ethnic" degli Anane è l'ennesimo regalo fornitoci dalla Indonesian Progressive Society (vedi Discus, Makara, Imanissimo) ed è sicuramente quello che più di ogni altro vuol proseguire sulla strada intrapresa dai Guruh Gipsy, prendendo a piene mani da tutto l'immenso patrimonio di musica tradizionale indonesiana , creando un mix esplosivo di Etno-Folk-Avant-Jazz Prog. Ognuna delle 6 tracce parte come base da una canzone popolare di una delle zone dell'arcipelago indonesiano (in prevalenza di genere Gayonese, proveniente dalla zona di Aceh nell'isola di Sumatra) e viene rielaborata ottenendo una miscela incredibile di suoni e colori, dove a melodie accattivanti si fondono assoli sghembi. La band è composta da 7 musicisti che suonano sia strumenti elettrici moderni che strumenti acustici tradizionali della cultura indonesiana.
Il disco inizia con il ritmo incalzante e trascinante di una "canzone per bambini": “Tung Alung-Alung”, caratterizzata da un modo di cantare unico, sussurrando ad alta voce, si tuffa poi nella meravigliosa “Kekeberen Ni Pejuan” dove le tipiche melodie cantilenose della musica raga si intrecciano meravigliosamente in fraseggi intricati degni della migliore tradizione RIO. Con il terzo titolo cala leggermente il livello: “Perueren” è il pezzo più stravagante ma anche il meno riuscito; prende spunto da un avvio melodico abbastanza fiacco per poi proseguire con una parte di chitarra flamenco e giri di valzer. Ma ogni dubbio sul grande valore dell'opera viene subito spazzato via dal brano successivo: “Ho ho hi heh”, forse la vetta dell'album, un pezzo ipnotico sulle basi di quello che sembra un rito magico, si sviluppa su un tortuoso percorso strumentale, sempre in bilico tra Cantebury e Avant Prog. “Dansa Gayo” inizia con una specie di marcetta condotta da un flauto, poi si levano canti e cori che ci portano in un’atmosfera bucolica; il disco infine si conclude degnamente con “Slebar Slebor” (unico pezzo non Gayonese) che dà il titolo all'album e che ci trascina tra le tribù dell'isola di Suwalesi con una filastrocca che sembra rievocare qualche rito pagano.
Assolutamente inaspettata la bonus track dove la canzone “Ho ho hi heh” viene riproposta in versione techno house; il pezzo non porta la firma del gruppo nell'arrangiamento ed è forse solamente una proposta da prendere con una buona dose di humor. Nel complesso questo risulta un disco molto sfizioso e molto variegato, in cui moderno e antico si fondono alla perfezione, in grado di soddisfare un range molto vario di ascoltatori prog.


Bookmark and Share

 

Francesco Inglima

Italian
English