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ALL OVER EVERYWHERE Inner firmaments decay Emkog Rec. 2010 USA

Sempre molto attivo nel campo del prog sinfonico Dan Britton ci ha abituati con i precedenti progetti a lavori ben confezionati e di presa immediata, grazie all’utilizzo di schemi forse non nuovi, ma certamente ben oliati. Questo nuovo progetto vede la conferma della cantate Megan Wheatley, già ben utilizzata sia con i Deluge Grander, sia coi i Birds and Buildings, ma lascia indietro la pomposità e la magniloquenza delle tessiture precedenti per andare a rovistare tra gli aspetti più romantici e melodici del prog sinfonico, con cura meticolosa delle dinamiche armoniche, confezionate da fiocchi di tastiere vintage e da momenti di evidente tendenza folk.
La decisa novità scaturisce dall’incontro di Britton con l’autrice folk Trinna Kesner, che in questa occasione, oltre a curare i testi, assieme allo stesso Britton, si dedica alle chitarre acustiche, viola e violino. La musica che ne viene fuori è qualcosa di toccante per liricità e romanticismo e credo sia del tutto impossibile per un progster incallito, rimare sentimentalmente indenne dalla valanga emozionale che straborda da questo disco.
Ammettiamo che nemmeno in precedenza Britton ci aveva abituati a cose particolarmente innovative e, in effetti, neppure stavolta ci troviamo al cospetto di cose inconsuete. Però la miscela sa generare un qualcosa di affascinante: quei suoni ricchi di equilibro tra l’oboe immaginifico di Kelli Short, il violino della Kesner e i ricchi tappeti di Britton e ancora dulcimer, flauto, clarinetto, vibrafono e poi ancora tastiere e, su tutto, le dolci melodie vocali della Wheatley, la cui voce, sapientemente filtrata attraverso massicce dosi di eco e di effetti, ci riporta dritti, assieme al mellotron, a cavallo dello storico passaggio ‘60/’70. Esempio magico del dinamiche descritte è “After All The Years” dal songwriting quasi magistrale, ma ogni momento ha qualcosa che potrebbe essere raccontato ed apprezzato. Qualcosa riporta alle atmosfere dei primi Genesis, dell’Anthony Phillips solista, dei Renaissance e di molti gruppi in bilico tra prog, pop e folk dei primi anni settanta inglesi.
L’esplosione sonora finale con la lunga “Gratidute” è corollario perfetto della storia che gli autori hanno voluto narrare. Una storia che vorremmo non finisse mai e sulla quale poniamo sempre molta fiducia e molto cuore, nella speranza che ci sia sempre qualcuno che abbia voglia di raccontarcela.


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Roberto Vanali

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