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ARANIS Roqueforte AltrOck 2010 BEL

“Roqueforte” è il quarto lavoro per questa band fiamminga che nel corso di questo decennio ci ha abituato a prestazioni sempre eccellenti e diverse l’una dall’altra. Per chi non conoscesse Joris Vanvinckenroye e compagni, la musica che propone il combo belga si può benissimo accostare al chamber rock, genere che questo relativamente piccolo paese europeo ha adottato, visto la qualità e la quantità di gruppi che può vantare nel suo territorio (Univers Zero su tutti). La formazione, composta da flauto, violino, fisarmonica, contrabbasso, piano e percussioni, dimostra la poliedricità della proposta che si adatta (e si è adattata) agli svariati linguaggi sonori che gli Aranis hanno parlato nel corso della loro carriera.
Ai neofiti degli Aranis personalmente sconsiglierei di cominciare a conoscere questo interessantissimo gruppo da “Roqueforte”. Il precedente “Song from mirage”, infatti, non solo rappresenta fino a questo momento l’apice nella carriera del gruppo (e rappresenta anche uno dei dischi più belli usciti negli ultimi dieci anni in campo progressive) ma è anche musicalmente più “semplice” e vario. A differenza del suo predecessore, ”Roqueforte “ è totalmente strumentale e può vantare celebri collaborazioni nei nomi di Pierre Chevalier di Univers Zero e Presence (che ha occupato il posto del pianista originario) e Dave Kerman di U Totem, 5UU’s e Thinking Plague tra gli altri.
La qualità delle composizioni è molto elevata, la cura dell’aspetto compositivo è quasi a livelli maniacali e, a differenza di altri episodi dello stesso genere (anche dello stesso gruppo), per il sottoscritto questa forma penalizza e appesantisce un po’ tutta la struttura musicale. Mentre nel precedente lavoro, infatti, il linguaggio sonoro proposto dagli Aranis sembrava essere rivolto a diverse categorie di appassionati (e l’uso splendido delle voci aiutava in quest’operazione), in questo “Roqueforte” sembra prevalere l’aspetto più settoriale. A volte sembra che ci sia la volontà a tutti i costi di volersi fare accettare da un ambiente, di voler far parte di una nicchia, quando la qualità del gruppo e l’ecletticità dimostrata nel corso degli anni avrebbero bisogno di altre platee oltre a quelle dell’appassionato abituato a certe sonorità.
Parlando con un amico si scherzava dicendo che chi ascolta “Roqueforte” paragonandolo a ”Song from Mirage” potrebbe essere come il tifoso del Napoli che, dopo aver visto giocare Maradona, ha ritrovato quel numero dieci sulla maglia di Zola. Si parla sempre di grandi giocatori: Zola i piedi li sapeva usare come pochi ma il senso di appagamento di chi guardava le partite della squadra partenopea, era leggermente diverso...
Logicamente è una critica del tutto personale da parte di chi aveva visto negli Aranis la prosecuzione nel nuovo decennio del discorso intrapreso dagli After Crying, mentre con questo disco si trova di fronte a una cosa validissima ma non come se la aspettava. Sensazione forse sbagliata ma questo “Roqueforte” sembra un disco fatto solo con la testa e poco col cuore.
“Roqueforte”, nonostante tutto, è un signor disco, con punte di eccellenza compositiva in brani come “Noise”, “Naise” e “Alia”: tracce che dimostrano come l’aspetto compositivo, a volte trascurato e minimizzato nel mondo del rock anche colto, sia il punto portante di ogni linguaggio sonoro e come gli altri aspetti (che devono esserci, altrimenti si fa accademia o manierismo) siano comunque subordinati a questo.
Gli Aranis rimangono una delle più belle realtà musicali europee degli ultimi anni; in concerto (fatevi un giro su youtube per conferma) dimostrano tutto il loro valore. “Roqueforte”però è una dimostrazione di forza per addetti ai lavori (che ameranno questo disco), mentre il gruppo meriterebbe ben più ampie platee, come i fiamminghi hanno già dimostrato, senza snaturare l’aspetto “colto” della proposta. Dai primi della classe, a scuola, ci si aspetta più dell’otto sul compito in classe che prenderebbero comunque perchè hanno studiato bene la lezione. Ecco... il disco è da otto... ma loro sono i primi della classe.



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Antonio Piacentini

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