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AFTER... No attachments Metal Mind Productions 2011 POL

After… è il nome di una band polacca nata nel 2002 nella città di Wloclawek dalle ceneri degli Awake, guidata dai chitarristi Czarek Bregier e Wojtek Tymiński, e che può vantare nelle fila anche Mariusz Ziółkowski, bassista dell’ultima formazione dei Quidam. Dopo un iniziale cambio di vocalist e la perdita dopo due dischi del tastierista Tomek Wisniewski (non rimpiazzato), i nostri giungono al traguardo del terzo album in dieci anni di esistenza, potendo vantare nel frattempo collaborazioni illustri come quelle con Colin Bass (Camel) e Josef Skrzek (SBB) e apparizioni in prestigiosi festival (“ArtRock” in Germania, “Crescendo” in Francia, “Prog Farm” in Olanda, “Ino-Rock” in Polonia).
Prodotto dal loro collaboratore “storico” Zbyszek Florek assieme a un paio di membri dei britannici Pineapple Thief, il nuovo album, anche – e non solo - per l’assenza delle tastiere, non è lavoro che possa definirsi progressive rock tout-court; si tratta piuttosto di un rock melodico caratterizzato da una voce potente ma un po’ carente in personalità, sonorità di chitarra spesso dure, a lambire il prog-metal, un’ottima padronanza degli strumenti e un songwriting che purtroppo stenta ad ergersi al di sopra di una sufficienza stentata.
Si tratta del tipo di sonorità che chissà perché va per la maggiore nell’Europa centrale ed orientale, basti pensare al successo (sempre in termini relativi, ovviamente) ottenuto da band come i loro connazionali Riverside, che pure poco hanno da offrire a chi è ancora legato con il cuore e le orecchie ai maestri degli anni ’70 e si aspetta fantasia e imprevedibilità anche dalle nuove leve; probabilmente questa “terra di mezzo” è meta prediletta da chi si è avvicinato (da ascoltatore o da musicista) a suoni un po’ più elaborati e coraggiosi partendo dal metal, e passando per la tappa obbligata dei Dream Theater (sarà solo un caso la scelta del nome “Awake”?).
Passiamo ad un’analisi un po’ più dettagliata: si capisce già al primo ascolto che il punto di forza degli After… non è tanto la scrittura, quanto la capacità di arrangiare i brani in modo raffinato, puntando sull’atmosfera e sfruttando le possibilità offerte dalla formazione a doppia chitarra, spesso con risultati convincenti (“Summer fuss”, “Happiness”), altre volte risultando un po’ banale e monocorde (“Enchanted”).
Quando la chitarra acustica accompagna il vocalist Krzysiek Drogowski per lasciare il posto ad esplosioni ritmiche controllate in cui le due elettriche si sovrappongono (come in “Carried by the wind”) si odono echi degli ultimi Porcupine Tree (che ormai potrebbero fregiarsi del titolo di prog band più imitata del decennio). In un lavoro che fa dell’omogeneità dei suoni quasi un manifesto di intenti, qualche novità è introdotta da vaghe tentazioni di rock alternativo (e qualche fuggevole suggestione funky-rock in stile Red Hot Chili Peppers o Faith No More, grazie anche alle incalzanti linee di basso di Ziółkowski), come in “Resurrection”, che partendo in sordina con la sua ritmica quadrata e le percussioni filtrate, finisce per sfociare in qualcosa di simile a ciò che 20 anni fa chiamavamo grunge o nella neo-psichedelica “Good things are worth waiting for”.
Un lavoro moderno, levigato e con un’indubbia attrattiva verso chi cerca rock d’atmosfera godibile e non eccessivamente sofisticato, ma secondo i miei (discutibili) parametri si attiene ad un modello lontano anni luce dalle prerogative che il rock progressivo dovrebbe incarnare nel presente.


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Mauro Ranchicchio

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