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ARABESKI ROCK Il viaggio Virtual Studio 2012 ITA
Dietro ad un nome altamente emblematico, capace di far intuire immediatamente la tipologia di musica proposta, vi è un gruppo desideroso di addentrarsi in quel “viaggio” che viene persino riportato nel titolo, tra culture tenute tanto lontane quanto vicine dal Mediterraneo.
Il chitarrista romano Tiziano Novelli, appassionato di sonorità anni ’70, ha preso parte a numerose esperienze contrassegnate dalla collaborazione con musicisti internazionali. Nel 2010, assieme al bassista (ma dal suo curriculum risulta essere un vero polistrumentista) Claudio Gimmi, dà vita a questo ensemble, nato per contaminare tra loro le sonorità di Europa, Nord Africa e Medioriente. Ai due si aggiunge ben presto il giovane batterista Gabriele Morcavallo.
Il trio capitolino ha poi suonato dal vivo con tanti ospiti speciali, ma in questo debutto vi è solo il percussionista egiziano Ashraf Ahmed Said, diplomato all’Accademia della Musica di Alessandria, insegnate di percussioni arabe ed in Italia collaboratore di scuole di danze orientali.
Il booklet è molto avaro di notizie (anche se nella parte bassa è indicato un prezzo abbordabilissimo) e non vi è possibilità, ad esempio, di sapere chi suoni i fiati (forse proprio Gimmi?), chi suoni il pianoforte sulle suggestive, adimensionali “Tramonto nel deserto” e “Lost in the desert” (praticamente legate tra loro) o chi sia la cantante che, nell’ultimo brano citato, duetti in inglese con l’arabo di Said. Tra l’altro, per la scelta di soluzioni, proprio “Lost…” potrebbe essere anche il brano da far passare per radio, dimostrandosi accattivante, orecchiabile e facilmente fruibile senza scadere eccessivamente nel commerciale.
Per il resto, si evince bene come la passione per Frank Zappa, Jimi Hendrix, Traffic e Cream sia patrimonio comune dei musicisti coinvolti. Non perché ci siano dei riferimenti diretti ai nomi citati, ma perché vengono fuori gli spunti creativi tipici di coloro i quali sono stati protagonisti di un periodo di fermento forse senza pari nella Storia della Musica del XX secolo. Scendendo nel dettaglio, sembrerebbe che siano stati presi gli inglesi Ozric Tentacles, spogliati di qualsiasi orpello elettronico ed uniti con la filosofia degli ungheresi Korai Öröm, senza però indulgere troppo nell’ipnotica ripetitività di quest’ultimi. Elementi che risultano lampanti nelle iniziali “Cargo” e “Grawa” (nome di un popolo nordafricano), in cui le percussioni di Said donano un colore imprescindibile, quasi in stile Santana dei bei tempi che furono, assieme ad una sezione ritmica che si muove in un sfondo di effetti e lasciando campo aperto alle sei corde di Novelli. Anche il suono del sitar (sintetizzato?) è perfettamente in simbiosi con le partiture, ricordando le ultime psichedeliche prove in studio degli svedesi Siena Root. Sicuramente risuona netta la scelta di puntare su un suono essenziale, non gonfiato, donando all’intero lavoro una connotazione tipica dei lavori italiani dei seventies. Ciò però non deve far pensare che la produzione possa essere meno professionale dei colleghi internazionali citati, anzi.
In “Le 2 lune” si sentono i retaggi blues, funky e jazz-rock, mentre su “Movimento solare” si insiste ancora di più sulla rievocazione delle atmosfere desertiche. “Introspezione” e “Verso Chernobyl” sono ancora due ottimi momenti di grande visualizzazione, ma c’è un problema: controllando il minutaggio sul lettore, pare che i brani siano invertiti rispetto a quanto riportato in copertina! Quale sarà realmente l’uno e quindi l’altro?
Si chiude con “Locanda”, un breve pezzo di introspezione acustica moresco-iberica in cui il viaggiatore di questo tanto lungo quanto breve viaggio trova ristoro. Per una prossima ripartenza? Chissà… Ci sarebbe però da augurarselo, perché sono concrete le possibilità di ascoltare in futuro un autentico capolavoro. Questa prova d’esordio, da cui emergono sempre maggiori sfumature dopo ogni ascolto, risulta comunque parecchio buona.



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Michele Merenda

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