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ANYONE'S DAUGHTER Neue sterne Spiegelei/Intercord 1983 (Tempus Fugit/SPV 2012) GER

Dopo il vertice di “In Blau”, risalente appena all’anno precedente, si fa tanta fatica a spiegarsi un album come “Neue Sterne”, il quinto in studio dell’amata band teutonica che di qui a poco, dopo l’uscita del live del 1984, andrà incontro al proprio scioglimento. Eppure “Neue Sterne”, la title track, critica le leggi del mercato discografico in base alle quali il valore della musica è essenzialmente dato dal suo potenziale di vendita. E in base a che criterio allora è avvenuta la svolta pop di questo album? Uwe Karpa riconosce nel suo gruppo la presenza di due anime, una più Progressive e l’altra più pop, e qui dentro esse convivono contrapponendosi in modo netto.
In quello che era il lato A del vinile originale confluivano i pezzi più radiofonici mentre nel lato B la musica appare leggermente più complessa. Bisogna però dire che i pezzi pop del lato A, fra i quali spicca in particolar modo quello di chiusura, “Das Puppenspiel”, teso fra New Wave e New Prog, pur nella loro semplicità, appaiono comunque ben levigati, mentre quelli che dovrebbero essere i cavalli di battaglia progressivi, “Illja Illia Lela” in testa (la più lunga dell’album con sette minuti di durata circa), non raggiungono la bellezza delle passate produzioni. Il brano in particolare non ha quella brillantezza sonora di “In Blau”, non ne replica le belle aperture sinfoniche né possiede la sua fluidità. I vari movimenti si susseguono con incastri forzati e arrangiamenti non curati alla perfezione. Ritroviamo inserti acustici, accelerazioni, melodia, cambiamenti vari di situazione ma è proprio difficile togliersi dalle orecchie un album bello come il predecessore. Lo stesso drumming di Peter Schmidt si fa qui più essenziale e squadrato, perdendo la sua piacevole duttilità in favore di uno stile che ora sì, rientra in maniera più consona nella moda di quei tempi. Anche “Reprise”, il brano di chiusura che arriva dopo il breve intermezzo di “Café Einstein”, pur recuperando qualcosa dello stile Cameliano degli esordi, con qualche accenno di fusion, convince solo fino a un certo punto, forse in gran parte per le sonorità artificiali scelte, con un basso fin troppo in primo piano e sintetizzatori un po’ spaziali. Questi ultimi tre brani sono il meglio che l’album ha da offrirci, ricordando che lo stesso lato B è aperto in realtà dal brano peggiore, “Viel Zuviel”, una canzoncina dal ritornello cantabile priva di sostanza, seguita da “Konsequenzen”, che mette un piede nelle correnti del prog, senza bagnarselo però più di tanto.
L’album dimostra forse che la convivenza o la mediazione fra varie anime di una stessa band non funziona così tanto perché prima o poi i nodi e le differenze vengono al pettine e finiscono con lo scontrarsi malamente. Meglio essere del tutto sé stessi che sé stessi a metà insomma: le larghe intese non funzionano a dovere neanche nella musica. Oltre a ricordare che questa bella ristampa, che potete acquistare eventualmente a completamento di una discografia sicuramente entusiasmante fino alla precedente uscita, è rimasterizzata, c’è da aggiungere che possiamo trovare tre bonus tracks registrate dal vivo, la prima, “Konsequenzen”, nel 1982 a Heidelberg e le altre due (“Reprise” e “Viel Zuviel”) nel 1983 a Eberbach.
Il tastierista Matthias Ulmer ed il chitarrista Uwe Karpa hanno continuato come musicisti professionisti dando peraltro vita, nel 2001, ad una nuova versione degli Anyone’s Daughter che ha fruttato un paio di album in studio e qualche live, al momento in cui scrivo. Harald Bareth (voce e basso), che era divenuto padre da poco, si è concentrato sulla famiglia e il batterista Peter Schmidt ha continuato invece come session man.


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Jessica Attene

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