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ADVENT Silent sentinel Advent Music 2015 USA

Non si mettono sicuramente fretta gli americani Advent nel pubblicare i loro album… L’esordio, omonimo è datato 1997, il successivo “Cantus Firmus” è del 2006 e dopo 9 anni, finalmente, eccoli di nuovo alla ribalta con “The silent sentinel”. La band intanto si allarga a 6 elementi con gli “storici” fratelli Ptak (Henry, tastiere, mandolino, voce e cori; Mark, tastiere, voce e cori) ed Alan Benjamin (chitarre, basso, mandolino, flauto) a cui vanno ad aggiungersi Greg Katona (chitarre), Joe D’Andrea (batteria, voce e cori) e Brian Mooney (basso). La colonna portante dell’album è rappresentata per vari motivi da 3 brani: “Voices from California”, la title track, e la finale “Romanitas”. La prima rappresenta l’episodio più “easy listening” dell’intero album con il refrain di facile presa, ma anche con qualche pregevole momento strumentale. La suite “The silent sentinel” ci immerge appieno nella musica degli Advent . L’inizio con la chitarra arpeggiata ricorda tanto Anthony Phillips e le sue atmosfere bucoliche ed i primi minuti ci riportano direttamente alle suggestioni elettro-acustiche care ai primi Genesis. Il cantato e l’uso delle voci in generale è un bel tuffo nel mondo dei Caravan e dei Gentle Giant. Il brano cresce ad ogni ascolto, laddove le sfumature iniziano ad entrare “in circolo” e la mente dell’ascoltatore si fa più ricettiva. “Romanitas” è l’ultimo di ben otto tracce strumentali, nonché la più lunga e compiuta. Ancora echi da “Trespass”, sprazzi jazz-rock che si fondono con spiccati accenti sinfonici, rimandi acustici ed ancora articolati incastri strumentali che, senza appesantire la composizione, evidenziano le doti dei 6 musicisti americani. Il finale acustico ci riporta in modo circolare a quella che era stata l’introduzione del brano. Anche le rimanenti 12 tracce offrono spunti interessanti pur non mancando dei momenti riempitivi. Non è certamente il caso di “To Dunsinane” ricca di impasti vocali memori della lezione del “gigante gentile”; così come non lo sono le delicate (voce, piano, chitarra acustica e poco altro) “On the wings of an ant” (pt. 1, 2 e 3 separate sull’album, dopo l’idea iniziale che le voleva unite in un’unica traccia assieme a “Full moon and empty hours” e a “ Riptide in aeternum”). Ottima anche “Sentinel’s reprise: the exit interview” che “flirta” con gli Echolyn ed in cui spiccano le sempre notevoli combinazioni vocali ed affascinanti “solos”. Altro bel bozzetto acustico è “The uncharted path” rivitalizzata anche da guizzi elettrici vintage ma pure dal flauto e dal violino. “Reloj de sol”, “12/12”, “Second thoughts” e l’appena più movimentata “Full moon and empty hours” sono dei brevi momenti in cui i due chitarristi Greg Katona ed Alan Benjamin “sfogano” il loro talento acustico ma, anche per questo motivo, le tracce appaiono avulse dal contesto dell’album. Ricca di spunti ed idee è invece la spumeggiante, ma troppo breve, “Riptide in Aeternum” con ritmiche e riff incalzanti. L’album, l’avrete capito, è di assoluto valore, il sound coinvolgente e sufficientemente personale (anche se le influenze di qualche gruppo storico sono palesi e mai negate), l’unico dubbio che sorge è legata alla presenza di alcune tracce un poco atipiche ma, fugato il dubbio, ci rimane uno dei migliori prodotti musicali dell’anno 2015. Ovviamente consigliato.



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Valentino Butti

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