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THE ANCIENT VEIL I am changing Lizard Records 2017 ITA

Bastano i primi minuti dell’opener “Bright autumn dawn” per essere catapultati negli anni della ripresa progressive internazionale degli anni ’90. E’ un viaggio a ritroso ricco di belle sensazioni, di caldi ricordi di abbracci e di coccole generati da suoni che rimangono dentro e rimangono nostri. Ci sono però delle importanti e decisive differenze. Sono quelle differenze dettate dalla maturità, dall’esperienza e dalla professionalità acquisita, dalle tecniche di registrazione, dalla capacità di selezionare le idee e abbinarle nella maniera corretta e coerente ad esecuzioni precise e definite.
In effetti sono passati ben 22 anni dall’album di esordio e al multistrumentistico duo di partenza, Alessandro Serri ed Edmondo Romano si aggiungono ulteriori tastiere con Fabio Serri, più, ovviamente e come per l’esordio, un importante e nutrito gruppo di collaboratori del sempre ricco panorama genovese, tra i quali ritroviamo anche Mauro Montobbio alla chitarra acustica.
La summa delle esperienze e dei trascorsi si fondono in questo album, quasi interamente scritto da Alessandro Serri e nei suoi undici brani tutti molto interessanti e dotati di peculiarità ben distinte, seppur alla base ci sia una forma di prog sinfonico dalle forti tinte acustiche e folk.
Nonostante la forte personalità che traspare dall’intero lavoro è inevitabile ascoltare qua e là richiami ai nomi del passato e del presente del progressive di forme analoghe, ma soprattutto si evidenziano sonorità riconducibili ai due numi ispiratori (credo) di sempre vale a dire Anthony Phillips e Steve Hackett. Non di rado si possono scomodare anche nomi come White Willow e, soprattutto, All Over Everywhere di Dan Britton, che magari non sono neppure tra le conoscenze degli autori, ma che, specie nel trittico “You will see me” troviamo spesso rispecchiati. Molto buona anche la title track con una sorta di sodalizio tra Gentle Giant e White Willow, davvero interessante. Decisamente hackettiana e in grado di fondere del notevolissimo progressive in poco più di due minuti è “Fading Light”. Particolare nel suo sviluppo, giocato tra folk, tradizione e pulito sinfonismo è “Chime of the time” scritta a quattro mani, Serri/Romano e con una splendida prova vocale per la brava Valeria Caucino, mentre ricade più nella forma della canzone folk la diretta “The fly” che ricorda vagamente la “Happy the man” genesisiana. A chiusura del disco il brano che ho trovato più intrigante e piacevole, vario, di ottima scrittura e fattura “A mountain dust”.
Un disco che sa essere potente quanto serve, drammatico e cupo, ma anche arioso e scorrevole, con un sapore di grande positività anche nei passi più brumosi. Un bel disco.



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Roberto Vanali

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