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ACCORDO DEI CONTRARI Violato intatto autoprod. 2017 ITA

Tra le band progressive del nuovo millennio, Accordo dei Contrari merita necessariamente un posto a sé. Vuoi per le scelte musicali, vuoi per la coerenza con la quale porta avanti il proprio discorso, vuoi anche perché raccoglie l’eredità di un suono che all’Italia ha dato molto, quello del jazz rock progressivo, scelta felice quanto difficile. Il suono, lo stile, le miscele che governano questo elaborato modo di far musica è fatto di equilibri e disequilibri spesso difficili da gestire.
L’ascolto del precedente album sembrava contenere qualcosa di non totalmente compiuto, qualche porta lasciata aperta su spazi grandi e da esplorare, qualcosa che ha fatto arricciare il naso a qualcuno non in grado di elaborare questo detto e non detto. La soluzione è in questo quarto lavoro, nel quale le cose sembrano farsi più complesse e una miriade di sfumature tingono le trame degli undici brani preparati. Sono sfumature che aggiungono tanto e la scelta di registrare quasi un live in studio, con pochissimi aggiustaggi e pochissime sovraincisioni, riesce a definire il lavoro, per freschezza e impatto, come uno dei più interessanti, personali e particolari prodotti degli ultimi tempi.
La stabilizzazione della band a quartetto, pur con qualche ospite illustre, come ormai speriamo d’abitudine, risulta molto funzionale: schemi, strutture, parti in assolo e parti in ensemble sono in equilibrio ottimale, a dimostrazione anche di una raggiunta maturità di scrittura. Bella evidenza per le tastiere di Parmeggiani e per le chitarre di Marzo. Menzione particolare per il batterista Franchi, che ha il suo bel da fare senza il supporto ritmico del basso e per la ricchezza sonora e la varietà portate dal sax di Radaelli.
Il lavoro è idealmente diviso in due parti. La parte “Violato” e la parte “Intatto”. La suddivisione fa sì che l’ossimoro del titolo non sia solo una ricercatezza sintattica, ma un qualcosa di più pensato, profondo ed elaborato.
Rispetto ai lavori precedenti, nei quali un po’ tutti abbiamo ravvisato e apprezzato intrusioni canterburyane, qui la tendenza viene a ridursi, rimangono solo brevi momenti tra i quali il più riconducibile è la parte di sax solo di “Monodia”, che non può non riportare alla memoria i passi di “Third” dei Soft Machine. Nella varietà espositiva dei brani salta fuori la bellissima “Shamash” un jazz rock da manuale, arricchito da un duetto tra la band e il violino infuocato di Alessandro Bonetti dei Deus ex Machina, con un risultato che sembra voler dimostrare che la collaborazione debba essere di quelle da mantenere fresca e viva. Da evidenziare la riuscitissima “Idios Cosmos”, un intricato hard jazz dagli sviluppi particolari e molto liberi, con una prima parte dal sapore di improvvisazione a canovaccio e che solo con l’assolo di sax riesce a prendere posto in spazi più delineati. Ancora “Marienkirche” uno squarcio, uno strappo su atmosfere elettroniche, minimaliste a rappresentare un momento spettrale fatto di elementi duri e costrittivi. “Eros Vs. Anteros” è il brano delle contrapposizioni. È guidato da atmosfere mediterranee con un sinth che emula lo scacciapensieri siciliano, dando una forte ritmicità, una ciclicità sulla quale una furibonda chitarra sgrappola note su note in un lungo solo dalle alternanze zappiane. Bello e riuscito anche il sensuale crescendo in “Di eccezione in variante”, dall’ipnotico e ripetuto arpeggio che via, via dà origine a spazi sonori davvero intriganti. Inutile citare tutto, anche se sarebbe dovuto vista la varietà e la personalità di ogni brano. Un piccolo, piccolissimo neo, non assoluto, ma riferito solo al mio gusto personale è il brano “Blues-S” che trovo vada un po’ troppo verso direzioni sanguigne, ma – ripeto – è una visione del tutto personale.
Concludo dicendo che questo disco rappresenta un grande passo di maturità musicale. Porta a compimento anni di lavoro impegnativo e impegnato. Sigla definitivamente le grandi capacità della band sia per gli aspetti compositivi che per quelli esecutivi e il risultato della presa live dell’opera ne è piena dimostrazione. Un disco pienamente centrato che anche questa volta, presumo, finirà nella best list 2017 di parecchi.



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Roberto Vanali

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