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ART AGAINST AGONY Three short stories autoprod. 2014 GER

Uscito nel 2014, “Three Short Stories” è l’album d’esordio dei teutonici Art Against Agony, gruppo tedesco che, oltre ad essere una band musicale, si definisce anche collettivo artistico in quanto spazia dalla musica alle arti visive. Come missione hanno invece quella applicare alla loro arte l’estetica contemporanea o almeno così si legge dal loro sito. Mettendo da parte tutto il mondo non musicale, tutto ciò si applica alla musica attraverso una proposta che salta senza farsi troppi problemi tra il metal più spinto e il jazz più classico. Ne esce fuori un disco sicuramente particolare e interessante, forse un po’ bizzarro, ma che vale la pena ascoltare. Sicuramente il lato visivo della loro arte si percepisce anche nella loro musica, ogni brano porta con sé una serie di immagini nitide.
Il disco, tutto strumentale, è composto da tre mini suite (composte ognuna da 5 parti) più due bonus track. Si parte subito con un riff cattivissimo che rimbalza su una linea di basso fulminante in “On Stasis and Motion”, primo brano dell’album; l’ascoltatore viene da subito centrifugato nel mondo sonoro del gruppo tedesco per poi essere dolcemente adagiato sul finire della prima parte in un finale celestiale alla “Saurceful of Secrets” (scusate il paragone blasfemo). Si cambia completamente registro con la seconda parte, virando verso un jazz molto classico, che evolve poi in un brano fusion. Un mood psichedelico pervade il terzo atto di questa suite che poi si conclude in un metal d’atmosfera abbastanza stereotipato. Si passa poi attraverso un passaggio prog metal alla Dream Theater per chiudersi nel 5° atto in un breve divertissement jazz rock. Tra tutte la prima è certamente la suite più disomogenea, si fa fatica a trovare un nesso tra le parti pur non mancando di spunti interessanti.
Molto più armoniosa, melodica e anche ben assortita è la seconda suite “The in the Red Dress”. Dopo le prime due parti molto soft con molti passaggi acustici, accelera nella terza parte e si incattivisce nella quarta per concludersi in un elettronico e onirico. Pervasa da un mood futuristico è la terza e ultima suite: “Smile of Alien Entities”. Un inizio misterioso e sinistro sfocia in un metal apocalittico ed ipertecnico non troppo stucchevole. Si prosegue sempre con atmosfere metalfantscientifiche che ci proiettano tra mondi lontani e astronavi aliene, per rilassarsi nel finale apparentemente rassicurante.
Tanti sono i padri di questo lavoro, verrebbero da pensare ai Voivod, Tool, Mars Volta, Rush, Dream Theater ma anche Hankock e Morricone. Il disco è suonato con grande perizia, anche se forse la batteria rimane troppo pesante anche nei momenti più soft.
Il disco sicuramente piacerà a tutti gli amanti del prog che non hanno timore a sporcarsi con il prog metal, Alla fine per quanto mi riguarda è stato un po’ come dopo un giro su un ottovolante, mi sono divertito abbastanza, ma non sono sicuro di volerci salire nuovamente.



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Francesco Inglima

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