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ASCETA Asceta Azafran Media / Musea Records 2022 CHI

Gli Asceta sono la nuova creatura del compositore e multistrumentista Rodrigo Maccioni (chitarra elettrica ed acustica, flauto e synth) degli Ábrete Gandul, autori di 4 album interessanti e piuttosto avanguardistici usciti fra il 2000 ed il 2018. Questa nuova incarnazione si spinge verso territori più cameristici e RIO rispetto a quelli battuti dal vecchio gruppo e per l’occasione sono stati reclutati strumentisti più idonei alla dimensione di una piccola orchestra. Troviamo così Efra Vidal al fagotto, Cristian Peralta al violoncello, Arianne Guerra al violino, Oscar Pizarro al pianoforte, Alfonso Vergara al clarinetto, supportati dalla duttile batteria di Leonardo Saavedra e dal basso elettrico e contrabbasso di Eduardo Rubio.
I 7 brani con cui ci dobbiamo confrontare sono tutti strumentali, come avrete già intuito, e la componente elettrica è molto timida a favore di sonorità cameristiche esili, irrequiete ed ariose, tracciate da pochi elementi strumentali. Anche quando la chitarra elettrica si sente di più, pensiamo ad esempio a “Los de afuera” (uno dei pezzi più interessanti del lotto) la tensione non si accumula mai e lo strumento viene utilizzato per dare la spinta giusta e certi contraccolpi, in modo tale che l’interesse dell’ascoltatore sia mantenuto sveglio. Le atmosfere sono quelle di un cielo grigio solcato da nuvole basse e leggere, attraversato da fiochi raggi di luce o quelle delle prime luci di una mattina appena inumidita dalla fresca rugiada, in un misto di luci ed ombre senza troppi sbalzi e di melodie fluttuanti che si aprono lungo i ritmi leggeri e spezzati della batteria, poco invadente ma praticamente sempre presente lungo l’intero percorso musicale. Lo stesso fagotto ci regala suggestioni molto particolari mentre gli archi alleggeriscono ogni tensione, prima che possa divenire insopportabile.
Non faticheremo a ritrovare elementi classici che ci riportano ad esempio a Bartók come anche riferimenti a gruppi come Univers Zero o Art Zoyd vestiti però di abiti traslucidi e dai colori tenui. Le soluzioni adottate non sono mai esasperate quanto piacevolmente movimentate e l’emotività che ne scaturisce è, alla fine dei conti, spenta ed attutita, racchiusa in una forma elegante e raffinata, caratterizzata da una grande attenzione nei particolari.
Globalmente l’effetto di questo album è distensivo e rilassante con un grado di complessità controllato che lo rende sempre abbastanza digeribile. Esemplificazione di questo concetto potrebbe essere un brano come “Gigante microscopico” che già dal titolo racchiude una certa idea di contrasto. La pittoricità degli elementi orchestrali, soprattutto degli archi, viene frammentata dai ritmi movimentati, con escursioni emotive mai estreme ma sempre ben delineate. Idee diverse vengono ritagliate e cucite in un contesto più ampio dando l’idea che la musica scorra verso più direzioni senza mai apparire disorganizzata in un cangiante arazzo sonoro. Altri episodi, tipo “Ameba”, risultano più docili anche se in assoluto vi è sempre un certo grado di movimento negli arrangiamenti.
Il risultato è un disco che non ti prende alle spalle, che non fa leva sul sensazionalismo ma che non appare mai scontato. Un fulgido esempio di “RIO dal volto umano”, mi sentirei di dire, che potrebbe essere apprezzato da numerose orecchie, e questo non è assolutamente un dispiacere.



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Jessica Attene

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