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BUTZMETZ LINGERIEZ Butzmetz “2” Somewhere Between/Poseidon Records 2006 JAP

La star di questo lavoro è l’ospite d’onore. Già, Hiroo Takano ex “Il Berlione” ha portato i suoi flauti e il suo sax a creare spiragli in un disco che, con molta probabilità, sarebbe risultato un po’ soffocante e generatore di sensazioni claustrofobiche. Non che la riuscita finale (e forse anche lo scopo) sia distantissima da questo status, ma dubito che le pur ottime capacità tecniche degli altri tre componenti la band (chitarra, basso, batteria), potessero portare le tracce dove effettivamente sono arrivate.
Si sta parlando di un lavoro di Jazz-Rock sperimentale, dove si insinuano colpi di ciclicità zeuhliana, su basi ritmiche complesse, ma non troppo articolate e dinamiche, nel senso che in ogni brano si ascolta un bellissimo tempo dispari, carico di sincopati e flames a cui prestare estrema attenzione, ma lo stesso ritmo, così come è partito, arriva alla fine senza scuotersi un granché…
Il flauto di Takano ricorda molto da vicino quello degli straordinari francesi Dun e lavora su una buona parte del disco diventando spesso protagonista.
Il disco è stato registrato in due soli giorni, in presa diretta e dimostra una notevole capacità di improvvisazione del quartetto, che ha voluto lasciare nell’incisione anche quelle piccole pecche d’esecuzione, quelle imperfezioni esecutive (percettibili, ma non così evidenti), senza quindi lavoro di postproduzione: tanto di cappello!
Grande lavoro anche della sezione ritmica, seppur con i limiti prima esposti per la batteria. Il bassista, di scuola Pastorius, dà una notevole prova, accompagnando con fantasia i frequenti cambi di assolo, che via via si susseguono. Il chitarrista è l’elemento più prettamente Jazz del gruppo, bella impostazione, uso molto secco delle pennate e arpeggi complessi, morbidi e rapidi con diteggiature al limite del funambolico.
Cinque i brani e tutti di durata medio lunga tra i nove e i dodici minuti. Per il primo siamo nella chimica (materia che, curiosamente, ritorna spesso nelle mie recensioni) “Theme of Potassium Hydroxide” si avvia quasi come uno stravolgimento di un altro tema, quello di Peter Gunn, solo che qui siamo dentro ad una poliritmia di notevole concetto. L’andazzo dei cinque brani è piuttosto standardizzato e in fondo un po’ tutto si somiglia. Molto bello è l’assolo di flauto di Somewhere Between” con accenni quasi canterburiani. Interessante la parte chitarristica di “A Night in Xiamen” e la parte di basso in Fisherman’s Blues.
Un disco di buona fattura, complesso e articolato. A tratti l’ascolto diventa difficoltoso e bisogna far passare le tracce più e più volte per entrare nell’ottica degli autori. Dedicato – direi esclusivamente – a veri cultori del genere.

 

Roberto Vanali

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