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SERGE BRINGOLF - STRAVE Vision Serge Bringolf 1981 (Soleil Zeuhl 2012) FRA

Dopo un esordio di notevolissimo spessore, ma lontano da qualsiasi tipo di commerciabilità (si trattava di un doppio LP con una composizione per ogni facciata ed erano i primi anni ’80), Serge Bringolf si trova praticamente senza più la band che aveva dato vita a quel disco. Entrato in contatto con il chitarrista Alain Eckert (già membro degli Art Zoyd), viene coinvolto nel quartetto di quest’ultimo, con cui realizza un pregevole album a cavallo tra jazz-rock e zeuhl. E’ l’inizio di una collaborazione proficua, che porta pian piano alla genesi di un nuovo gruppo: dietro la batteria, Bringolf guida una formazione di ben nove elementi. A questo punto, con i nuovi Strave, il musicista è pronto per dare alle stampe il secondo album a suo nome. “Vision” ci mostra nuovamente un artista che, partendo dall’ammirazione per Tony Williams e le sue esperienze jazz-rock, cerca un percorso diverso, più “totale”, più aperto a contaminazione con altre forme musicali che ancora si agitavano nel sottobosco del rock francese.
I dieci minuti della title-track aprono il lavoro, che parte lentamente con tastiere a dettare un tema suggestivo, ritmi in crescendo e con le voci che indirizzano subito verso certo zeuhl. Rispetto al precedente album di Bringolf, quest’incipit mostra un maggiore avvicinamento alla scuola Magma, ma più che a “Mekanik destruktiw kommandoh”, l’orientamento è verso i primi album della band di Vander (e spesso viene fatto notare come punto di riferimento anche l’esordio degli Zao). Un jazz-rock articolato, dai mille colori, in cui i fiati giocano un ruolo fondamentale e dove si passa da momenti particolarmente vivaci a situazioni più meditative. Seguono tre brani intitolati “Plus”. Nel primo, di poco più di due minuti, sono ancora i fiati a far sentire la loro voce, come delle fanfare che fanno partire una marcia oscura più incline a certa avanguardia. In “Plus II” con la batteria in bella evidenza ci inoltriamo in sentieri che oserei definire zappiani: i fiati a cavallo tra jazz e avanguardia dialogano con il gruppo rock creando magiche orchestrazioni che riportano alla mente le big band del Maestro nel periodo che fruttò “Waka/Jawaka” e “The Grand Wazoo”. Nella parte centrale, tuttavia, i vocalizzi e le dinamiche strumentali inevitabilmente evocano nuovamente “Kobaia” e i primi Magma (cosa evidente poi anche in “Plus III”), con poliritmie, profumi d’Africa, musica nera, Coltrane, Sanders… Sono praticamente le stesse influenze che Vander inserì nelle sue prime opere e che si possono intravedere, in perfetta continuità con quanto ascoltato finora, negli oltre tredici minuti di “Ma-Ho. Penata”, che porta a termine “Vision”. Un finale in grande stile, con il sax che spinge verso il versante jazzistico e nei momenti in cui è questo strumento alla guida Canterbury non sembra così lontana. Ad ogni modo, nell’ampio respiro che caratterizza la composizione ci sono tante variazioni ed è ancora il sound dei primi Magma a venir fuori con forza.
Se già l’esordio era ampiamente positivo, “Vision” segna un ulteriore passo avanti e questa ristampa può fare ancora più gola agli appassionati del filone zeuhl. Dopo questo disco Bringolf ne realizzerà un altro in studio ed un live. A questo punto è lecito sperare in nuove ristampe…



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Peppe Di Spirito

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