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PAOLO BALTARO The day after the night before Banksville Records 2017 ITA

Paolo Baltaro, che è alla seconda esperienza solista di questo suo nuovo corso dalla prospettiva cantautoriale. La sua versatilità e il suo essere multistrumentista gli consentono, anche questa volta, di offrire un lavoro molto articolato nel quale le proposte musicali sono decisamente ampie e quasi interamente autogestite per ogni loro aspetto compositivo ed esecutivo. Multistrumentista sì, ma l'album non è stato realizzato in totale autonomia. Un aiuto è arrivato da diversi collaboratori e amici, soprattutto per quanto concerne la batteria, le chitarre e i fiati.
Il disco ha un originale sottotitolo “Original soundtracks for imaginary movies”, di conseguenza, ogni brano ha per proprio sottotitolo l’ipotetica pellicola a cui farebbe da colonna sonora. Questo giochino consente all’autore di spaziare con lo stile dei brani, abbinando l’andamento sonoro a immaginarie realizzazioni, siano esse film, documentari, musical o cortometraggi. Musicalmente, si sarà già intuito, si parla di una grandissima trasversalità capace di abbracciare stili e generi molto diversi, pop, rock, progressive, sperimentazione, jazz, blues e rhythm and blues, amalgamati in un tutt’uno scorrevole e in rapida sequenza. È anche un album che non fa mistero delle passioni e delle influenze dell’autore, messe sempre in bella evidenza spesso a mo’ di pura citazione in una serie di virgolettati nei quali ruotano più volte Frank Zappa, specie in alcuni collegamenti tra i brani nella modalità di Sheik Yerbouti, ma anche in alcune modalità esecutive all’interno dei brani, stessa cosa per i Beatles, ritrovabili in frammenti compositivi, ma soprattutto nella hidden track “Revolution N.13-11” nella quale già il titolo dice tutto. Altra citazione divertente e personalizzata per l’occasione è la camminata tra il canale destro e sinistro dello stereo del disco di esordio degli Hatfield and the North, poi Pink Floyd, Beethoven e via così.
Relativamente ai dodici brani, inclusa la hidden track, tutte le composizioni fanno capo a Baltaro, con l’esclusione di “It’s all right with me” di Cole Porter e “Bike” di Syd Barrett. Da sottolineare la riuscita e la particolarità di quest’ultima, con una cover così stravolta che pare uscita da una collaborazione tra i primi Soft Machine e Frank Zappa, piuttosto che dai Pink Floyd. Discorso analogo per il brano di Porter, qui in una versione dilatata, elettrica e decisamente hendrixiana. Per quanto riguarda i brani propri quello che spicca e una forte predominanza di temi rock, con qualche tendenza hard e melodie efficaci, cantabili e trascinanti. Tanto che brani come “Another sunny day” o “Nowhere Street Part II” fossero parte di un disco di un qualsiasi rocker americano di grido, svetterebbero in cima alle classifiche per diverse settimane. Da sottolineare l’ottima riuscita di “Cole Porter At Frankz’s Birthday Party”, travolgente miscellanea di Zappa, Porter, Hampton, Level 42, Allman Brother, Scofield, in un cocktail alquanto interessante. Un paio di nei, per il mio personale punto di vista, sono rappresentati dalla forte impronta rhythm and blues di “Goodnight” e dalla filtratura techno pop della voce in parte della citata “Nowhere Street Part II”, ma sono problemi idiosincratici personali che non vanno ad inficiare la riuscita di un disco che purtroppo ha il grave, gravissimo difetto di essere italiano e, come tale, relegabile in un circuito rock minore, mentre avrebbe ben più alte potenzialità di sfondare.
Il disco si presenta su ogni supporto possibile, il vinile suona molto bene.
Avviso finale ai naviganti. Nonostante la presenza del progressive sia minima, se non in un quadro di visione di concept generale, il disco può piacere, parecchio.



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Roberto Vanali

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