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LARS BOUTRUP'S MUSIC FOR KEYBOARDS The great beyond Ex’cess Records 2020 DAN


Si tratta del quarto album per il tastierista danese Lars Boutrup, a cinque anni di distanza dalla precedente pubblicazione. Già attivo in compagini come Big Bang, Supernova ed Evil Masquerade, Boutrup è stato anche coinvolto nelle colonne sonore di alcuni film scandinavi. Per questo nuovo lavoro si è affiancato al batterista Spike Nior (anche lui nei Big Bang) e al bassista Niels Wilhelm Knudsen, insegnante di musica e in altri contesti anche jazzista. I riferimenti apertamente dichiarati da Lars sono Keith Emerson e John Lord, ma non si può certo negare l’influenza anche di Ken Hensley degli Uriah Heep, oltre a guardare al prog di realtà olandesi come i Trace o gli Ekseption più rockeggianti, gruppi in cui militava il tastierista Rick van der Linden. Vi sono sicuramente spunti divertenti come quelli di “Mr. T”, in cui il classico trio formato da tastiere-basso-batteria dà il meglio quando il lungocrinito leader si cimenta col caloroso suono dell’organo, anche se la produzione risulta fin troppo “perfettina” e tutta l’atmosfera risuona decisamente algida, quasi da automa, tipo la disco-music di fine anni ‘70/primissimi anni ‘80. Certo, i contenuti musicali sono comunque di altro livello e non si vogliono far paragoni, ma le sensazioni sono spesso analoghe. Un qualcosa che emerge sempre di più man mano che passano i pezzi, a partire dalle successive “Whatever Mama Said” e “Dripping Cycles”. Peraltro, le varie fasi sembrano costantemente sommerse da se stesse; non si fa in tempo ad abituarsi ad un determinato passaggio che subito si passa repentinamente ad un altro, magari già ascoltato in precedenza all’interno dello stesso brano. Un peccato, perché in alcuni momenti sembra si possa davvero toccare punti emozionalmente alti, almeno sotto un piano potenziale. Andando oltre “Jerry and the Suitcase” e “Invenzio” – volutamente scanzonata la prima e tendente all’effetto sinfonico senza alcun picco di intensità la seconda –, ci sono “Ich Will Tanzen” e la title-track che acuiscono quanto detto fino ad ora, forse addirittura con una maggiore estraneazione asettica vicina ai lavori elettronici di Jean Michele Jarre. Ma si può dire ancora di più: “Ich…” vorrebbe probabilmente avere una tale giocosità che, inserita com’è in questo contesto quasi da trasmissione televisiva presunto-avveniristica, finisce per somigliare a musica da videogico, in alcuni tratti persino irritante. Nel mezzo, “Klavier Stück Für Freude” solo per pianoforte. Forse, il pezzo più convincente.
In definitiva, nonostante non vi sia nulla da dire sulla preparazione tecnica, ai brani sembra manchi qualcosa. Potrebbe magari servire una chitarra elettrica o qualche strumento a fiato, anche se vi sono state famose e/o amate band (Emerson, Lake & Palemer, Quatermass, ecc…) che hanno reso valida la propria proposta adoperando solo i succitati strumenti, esprimendo energia, calore e soprattutto capacità compositiva. Oltre ad un uso sapiente delle voci, questo va anche detto, perché in questo caso si sta trattando di un album esclusivamente strumentale. Probabilmente, i super appassionati delle tastiere prog lo apprezzeranno comunque, anche se non vi sono momenti davvero topici. Peccato, perché le potenzialità ci sarebbero tutte.



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Michele Merenda

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