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PIERPAOLO BIBBÒ Razza umana M.P. & Records 2021 ITA

È sempre un piacere ascoltare un nuovo album di Pierpaolo Bibbò, che a 8 anni dalla pubblicazione di “Genemesi” ha dimostrato di aver intrapreso un percorso musicale coerente e non motivato solo dal dare un seguito a “Diapason”. “Razza umana” riprende il discorso iniziato nel 2012 e proseguito con “Via lattea” nel 2018, creando quella che può essere considerata una trilogia di lavori di progressive rock intrecciato con intenti cantautoriali. L’omogeneità del percorso è evidente nei tre album sia dal punto di vista musicale che da quello testuale, con la composizione, gli arrangiamenti e gli argomenti trattati che sembrano, a giudizio di chi scrive, un unico album suddiviso in più parti.Ad un’analisi attenta, è possibile in realtà notare nel tre lavori una graduale riduzione delle atmosfere progressive, che non scompaiono affatto ma vengono stemperate o concentrate in alcune tracce, per lasciare maggiore spazio ad altre orientate verso una forma “canzone” di qualità.
L’inizio di “Eravamo giovani” si presenta come un rock dalle atmosfere cupe, con suoni elettronici, chitarre elettriche e un ritmo cadenzato che sottolinea il testo trattante i ricordi di gioventù e le aspettative verso il futuro (tema caro a Bibbò e ben rappresentato nella curatissima confezione del cd). Accelerazioni, arrangiamenti tendenti all’hard rock e qualche atmosfera tardo-floydiana fanno del brano uno dei momenti più vari del disco, oltre che il più lungo.
Si prosegue con “Ritratto d’inverno”, bella canzone in cui è evidente tutto il gusto dell’autore per la melodia e gli arrangiamenti, che danno vita ad una sorta di moderno brano new-prog. Più semplice e dalle atmosfere malinconiche, la traccia che dà il titolo al disco è una dolce ballata dai toni acustici che parla dell’inutilità delle divisioni e dei contrasti in quella che è, appunto, una unica “Razza umana”. “Il Dio Tempo” prosegue sullo stesso stile rilassato e meno progressivo, come anche “Cantastorie”, probabile richiamo all’“Incantautore”, presente in “Diapason”. Si tratta di brani dalla costruzione più semplice che rivelano però arrangiamenti di classe e una notevole capacità di trasmettere emozioni.“La canzone dei non sopravvissuti” e la conclusiva “L’estinzione” riprendono le atmosfere progressive in maniera eccellente, con arrangiamenti ancora una volta molto curati e sempre in bilico tra rock, hard rock e progressive.
Se quella realizzata dall’autore è una sorta di trilogia, “Razza umana” ne è la perfetta conclusione, con il suo equilibrio musicale ben bilanciato tra le complessità progressive e la voglia di raccontare qualcosa in maniera più semplice ma sempre piacevole e di valore. Se non dovesse essere così, non resta che aspettare un altro lavoro in bilico tra la classe musicale e la cura sempre dimostrata nel redigere testi poetici e appassionati.



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Nicola Sulas

Collegamenti ad altre recensioni

PIERPAOLO BIBBÒ Diapason 1980 (Mellow 1994) 
PIERPAOLO BIBBÒ Genemesi 2012 
PIERPAOLO BIBBÒ Via Lattea 2018 

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