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CAMPO DI MARTE Campo di Marte United Artists 1973 (Mellow 1993) ITA

Nell'oramai lontano 1987 l'amico e maestro Beppe Riva, a proposito degli allora emergenti NUOVA ERA, scriveva: "(Essi) provengono dalla magnifica Firenze, una città che per tradizione culturale potrebbe benissimo essere l'aristocratica capitale del movimento art-rock italiano". Ma già negli anni settanta questa splendida città era agitata da intensi fermenti creativi, i quali produssero quella che per il sottoscritto - ma non solo - è la migliore formazione underground italiana del periodo, CAMPO DI MARTE. Ben venga dunque questa ristampa in formato digitale, la quale permetterà a tutti di godere dell'opera di codesti valenti progressive-rockers toscani, i quali hanno trovato un grandissimo estimatore nella persona di Denis Meyer, l'illustre critico francese autore della monumentale "Hard Rock Anthology 1968-1980". Confortato da tale importante referenza personalmente considero i CDM una eccellente formazione di hard-progressive, ed il loro unico LP -originariamente edito nel 1973 dalla United Artists, etichetta di HAWKWIND e MARCUS fra gli altri - è appunto il risultato di una perfetta osmosi fra queste due sfere di influenza. Il lettore però non sia tratto in inganno da questa mia ultima affermazione: infatti non ci troviamo di fronte ad una band alla URIAH HEEP -QUATERMASS, bensì ad un ensemble che, coniugando certi BLACK SABBATH (a questo proposito si ascolti la durissima chitarra che apre il disco) con i primissimi KING CRIMSON (l'uso del flauto soprattutto) riesce ad ottenere un prodotto veramente affascinante e, sopra ogni cosa, squisitamente italiano, abbastanza prossimo per intenderci al BALLETTO DI BRONZO del capolavoro "YS". Il disco scorre via senza un attimo di pausa, esaltante labirinto sonoro dalle mille sfaccettature che prendono via via la forma di stupendi barocchismi flautistici, malinconiche parentesi acustiche, improvvise e ficcanti deflagrazioni chitarristiche, delicati ed umbratili tappeti di tastiere. Un plauso particolare vada poi ai due percussionisti (Mauro Sarti e C. Felice Marcovecchio), i quali, dividendosi abilmente fra bongos e batterie, assicurano grande dinamicità al risultato finale. Da ricercare senza indugio alcuno.

 

Massimo Costa

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