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COURT Frost of watermelon autoprod. 2007 ITA

A 10 anni di distanza dall'ultimo segno di vita, rappresentato dall'album "Distances, torna a farsi sentire questa band varesina che esordì nel 1993 con un apprezzatissimo album. Gli anni passati da quei segni di vita ce li avevano fatti dimenticare e questo "Frost of watermelon" rappresenta uno schiaffo che ci risveglia all'improvviso. Uscito nella primavera di quest'anno e accompagnato da un lungo tour negli States (!), "Frost of watermelon" fa ritornare in un certo senso la band sulle proprie orme, riproponendo una miscela apprezzata nell'esordio del gruppo fatta di un Prog romantico dai contorni spigolosi, con sfuriate hard che si alternano a tematiche più tranquille ed un cantato continuamente sul filo, quasi disturbante a volte ma ricco di personalità. L'utilizzo di strumenti a fiato (oboe e flauto), un tempo piuttosto esteso, è in questo caso abbastanza limitato (salvo eccezioni come "Bridge to Maya"), così come quello delle tastiere (che a dir la verità nel primo album erano praticamente assenti).
La band si presenta quindi nel suo nucleo storico, affamata di far musica, se così si può dire, con un entusiasmo che avvertiamo in modo tangibile, come se i Court fossero ancora quei ragazzini terribili che 15 anni fa ebbi modo di conoscere al Gothic Gathering di Tramonti. Anche se quest'album non si presenta come un concept, devo notare come le canzoni siano idealmente, stilisticamente e quasi fisicamente legate l'un l'altra, tanto che a stento riusciamo a notare il passaggio dall'una all'altra… tanto che a malapena riusciamo a notare la differenza nella suite di chiusura, ove le varie parti non si differenziano granché da singole canzoni prese a sé stanti. Un delicato sapore psichedelico attraversa in modo piacevole tutto quanto l'album e ci tiene in continua apprensione per qualcosa che sembra debba succedere, un colpo di scena imminente che ci fa vivere quest'esperienza di ascolto in un perenne stato di apprensione, accompagnati dalla traballante, ma ricca di personalità, voce di Paolo Lucchina. Lo stile musicale dei Court ha sicuramente un connotato personale che già trovammo nei primi due album (specialmente nel primo): l'attitudine ad un utilizzo dissonante degli strumenti (voce compresa) che ce li fa quasi immaginare che si incontrino come per caso, pur dando vita a qualcosa di organico e coerente… e anche questo contribuisce al senso di apprensione cui accennavo. Difficile parlare di somiglianze, ispirazioni etc: senza dubbio il riferimento che maggiormente riusciamo ad identificare è quello dei Jethro Tull, ma è riduttivo e senz'altro non corretto ricondurre la descrizione della loro musica a due-tre nomi, magari corretti nella loro individuazione, ma che non possono assolutamente dare più di un pallido richiamo a quello che è la musica dei Court, senza dubbio però da inserire nell'ambito del rock romantico, come accennato in precedenza.
Mi ritrovo quindi a chiudere quest'articolo, rendendomi conto che forse non sono riuscito appieno a spiegare quest'album e a far afferrare il concetto della musica dei Court; e allora…. va bene lo stesso se vi dico "fidatevi, è un bel disco"? Ah… per i più ghiotti, all'interno del booklet è riportata la ricetta della prelibatezza che dà il titolo all'album; gnam!!!

 

Alberto Nucci

Collegamenti ad altre recensioni

COURT And you'll follow the winds rush 'till their breath dwells 1993 
COURT Distances 1997 
COURT Twenty flying kings 2012 

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