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MARIO COTTARELLI Prodigiosa macchina New LM Records 2007 ITA

La storia del cremonese Mario Cottarelli è simile a quella di molti musicisti: una gioventù passata a suonare in maniera entusiastica la musica che gli piaceva, con risultati sconfortanti a livello di interesse da parte delle etichette discografiche, poi, dovendo lasciar perdere i sogni giovanili, una carriera spesa nell'ambito della musica commerciale. Quest'ultima per Mario è stata peraltro abbastanza soddisfacente, divenendo un nome piuttosto riconosciuto nell'ambito della musica pop e da discoteca, con collaborazioni importanti con nomi quali Orlando Johnson e Spagna. Arrivato alla soglia dei 50 anni quindi è giunto per lui il momento di togliersi qualche soddisfazione, realizzando quanto non era riuscito a fare in gioventù, rispolverando le vecchie composizioni e pubblicandole suonando tutto da solo, contando sulla propria ormai consolidata esperienza. Tale esperienza tuttavia può giocare brutti scherzi: Mario in origine era batterista ma proprio la batteria rappresenta forse il punto più debole di quest'album. Forse la lunga esperienza nell'ambito della disco music ha influenzato il suo modo di intendere alcune sonorità, quindi l'utilizzo di batteria elettronica e comunque la scelta di certi suoni, assieme ad una ritmica un po' troppo asettica, rende talvolta l'ascolto un po' disturbante; discreto invece l'utilizzo delle tastiere. Per il resto… sarò franco: il primo approccio con le tre lunghe composizioni che sono incluse in quest'album è molto problematico e spiazzante. A parte i già citati problemi della batteria, c'è un cantato molto enfatico (riporto la battuta che mi è venuto di fare al momento del primo ascolto: sembra quasi di sentir cantare Sebastian, il granchietto del film "La Sirenetta"), spesso quasi declamatorio, che dà un'impressione molto strana. Oltre a ciò è indubbio che il nostro abbia ben presente i classici del Progressive Rock, Genesis in primis, dato che la seconda parte della suite d'apertura (la lunghissima title-track) è una sorta di rivisitazione di "Apocalypse in 9/8", ma anche qua e là è dato di ascoltare piccoli riferimenti, citazioni e rimandi. Tuttavia… tuttavia… è innegabile che, nonostante le critiche che mi sono sentito fin qui di fare, e anzi forse quasi proprio per alcune di esse, l'ascolto di questo CD si riveli divertente, soprattutto per l'entusiasmo e la gioia che trasuda da questi solchi ottici, di un artista che finalmente dà sfogo ai propri desideri giovanili, senza pretese ma con uno slancio naïf che non può che coinvolgere alla lunga l'ascoltatore. Oltre tutto è anche da notare come l'album risulti tutto sommato in crescendo, partendo dalla citata title-track che può far sorridere un po', fino alla conclusiva "I cori della Via Lattea" che risulta senza dubbio il brano migliore dei tre; forse perché strumentale? Di certo la verbosità dei due brani precedenti rappresenta un boccone da digerire con una certa fatica, un fattore al quale occorre fare un minimo di abitudine, unito al cantato, ma che alla fine dà il proprio contributo ad un album ridondante, eccessivo, ingenuo, ma sicuramente divertente da parte di quello che possiamo quasi considerare il Jem Godfrey nostrano.

 

Alberto Nucci

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