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COTTERS BEQUEST (AND GAVIN O'LOGHLEN) Land of the vast horizon Locrian Records 2006 AUS

Storie di emigranti, di gente che si lascia alle spalle la propria terra, le proprie radici, gli affetti e quanto di più caro si possa avere, in cerca di fortuna, non sapendo cosa mai possa esserci dall'altra parte dell'oceano immenso che sembra inghiottire sogni e speranze. Questa è la storia comune a molti italiani ed è anche quella di molti irlandesi, come nel caso di questa sorta di diario musicale che racconta le vicende di Michael O'Loghlen, trisnonno di Gavin (chitarrista dei Cotters Bequest), che nel 1854 giunse con la famiglia nel porto di Adelaide per un impiego nelle miniere, abbandonando le amate verdi lande irlandesi. Proprio come per il bellissimo "Harbour of Tears" dei Camel, questo album prende la forma di un diario appassionato che racchiude i preziosi ricordi di una famiglia di emigranti. Ma il paragone con il gruppo di Latimer non è solo formale: persino nell'attitudine a miscelare elementi di prog romantico alle arie della tradizione celtica si scorge qualche deliziosa similitudine, anche se in questo caso gli elementi folk sono più marcati; e proprio come per il disco dei Camel sono i motivi celtici che si fondono con i suoni dei flutti marini a farci da introduzione. La storia della famiglia O'Loghlen si snoda attraverso canzoni (13 per 57 minuti di musica), note biografiche particolareggiate e disegni, che integrano puntualmente i testi nel booklet ben curato. La sensazione di tuffarsi fra i cari ricordi di famiglia del musicista è così tangibile che è proprio difficile non commuoversi, trascinati anche dalla musica, ricca di sentimento. Ovviamente si mescolano strumenti elettrici ai più tradizionali tubi di Uillean e altri bagpipes di varie fogge, flauto, bodhran, fisarmonica, mandolino e chitarre acustiche. Ne deriva quindi un tessuto sonoro ricco ma sempre leggero ed elegante che oscilla dolcemente fra i classici motivi della tradizione irlandese ad arie sinfoniche e romantiche. La voce è quella evocativa di Angelee Theodoros, dal sapore molto caratteristico che ricorda vagamente quella appassionata di Joanne Hogg degli Iona. Molto bello e delicato l'accenno alla storia degli aborigeni australiani che, tragedia nella tragedia, andavano scomparendo di pari passo con l'avanzare delle colonizzazioni dei bianchi. Proprio la seconda traccia, sospesa fra visioni new age, prog romantico e folk, "The Peramangk", parla di queste vicende, con testi tribali in lingua Ngadjuri. Ma non tutto l'album si mantiene su toni drammatici o malinconici, a ravvivarlo vengono intercalati quei gioiosi motivi tradizionali che affiorano comunemente nell'immaginario collettivo quando si pensa alla musica popolare irlandese. Ritmi allegri, melodie dal sapore quasi epico e sequenze strappalacrime si alternano fornendo un commento sonoro adeguato alle vicende narrate ed il tutto viene reso in maniera semplice, diretta, leggera, rendendo la lettura e l'ascolto dell'opera sempre piacevole. Proprio a Gavin O'Loghlen si deve la quasi totalità della musica e delle parole raccolte in questo album e la sensazione è che sia riuscito ad imprimere in questo lavoro tutta la sua passione e tutti i suoi sentimenti che derivano da ricordi di famiglia. A parte la musica, piacevole e sicuramente interessante per gli amanti di certe sonorità, la forza di questo disco sta proprio nei sentimenti sinceri che Gavin è riuscito ad imprimervi e che emozioneranno sicuramente l'ascoltatore.

 

Jessica Attene

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