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CRYSTAL BREED The place unknown LTYH Records 2011 GER

I Crystal Breed, prog metal band di Hannover, sono stati fondati nel 2008 dal chitarrista/cantante Niklas Turmann e dal tastierista/cantante Corvin Bahan. I due, essendo stati in tour con il chitarrista (ex Scorpions) Uli John Roth e con altre famose band tedesche come Gamma Ray e Fair Warning, mostrano di possedere un background solido ed abbastanza vasto. L’aggiunta della sezione ritmica formata da Michael Schugardt (basso) e Thorsten Harnitz (batteria), più altri ospiti, completa la formazione che sul finire del 2011 ha dato alla luce il proprio debutto discografico.
In effetti, le variegate esperienze passate del duo (dal power metal a quello melodico, passando per sinfonismi elettrici vari) si fanno sentire, creando un quadro abbastanza complesso. Ma in un primo momento, nonostante la massiccia e favorevole campagna mediatica di questi primi mesi, non sembra essere tutto oro quel che luccica. L’iniziale “Lies”, che tanto sa di Genesis tecnologici misti ai Cheap Trick, ben costruita ed arrangiata, pare non decollare; insomma, ci sono le melodie, i controtempi, la perizia, i cambi di atmosfera… Cos’è che non va? Nella realtà il brano ha bisogno di davvero tanti ascolti per essere assimilato e solo dopo si capisce la complessità (forse addirittura non voluta) che c’è dietro un determinato tipo di composizione. Attenzione, perché tutto ciò lo si ritroverà lungo l’intero album. Ed alla fine, se si gradisce una miscela composta da new prog duro, prog metal tanto melodico quanto tecnologico (pare un ossimoro…), pop colto, chiari riferimenti ai già citati Cheap Trick ed addirittura ai Beatles… beh… pur non lasciandosi andare a certi aggettivi che vedrebbero i tedeschi come la nuova rivelazione del progressive metal, allora “The place…” vi piacerà. Altrimenti, lo vivrete come un miscuglio che in sé poteva avere degli ingredienti di belle speranze.
A testimonianza di quanto espresso poco sopra, in “Floating on Waves” ci sono dei refrain che ad alcuni potranno apparire trascinanti nella loro romantica melodia, mentre ad altri sembreranno ruffiani ed irritanti. A parte questo, risultano oggettivamente interessanti le partiture di pianoforte. Altra cosa la title-track, una versione più “metallica” dei Kansas con tanto di stacchi acustici. In due parole: gli Shadow Gallery!
Passata la ballad “Move”, graziosa ma sentita già tante volte in passato, arrivano gli otto minuti di “Rockstar Wannabe” (con una sezione fiati), in cui delle strofe che sarebbero potute diventare parte integrante di qualche hit pop, ogni tanto, lasciano il posto a classici controtempi “Dream Theater-style”.
“No turning back” sa ancora di pop, anche se ha un inaspettato intermezzo che richiama nuovamente i Kansas, mentre “Back to your Mom” verte più sul rock americano, apparendo però un tentativo molto sforzato ed a volte pacchiano.
La lunga “Worshipper” riesce a riassumere molto bene i concetti cari ai Crystal Breed, con strofe melodiche tendenti al “commerciale”, ritornelli complessi, parti strumentali dure ed intervallate da altre sinfoniche. Anche se la conclusiva “Words of Silence”, che deve davvero tanto ai Beatles e soprattutto a Paul Mc Cartney, sembra nel suo complesso il pezzo più convincente. Un brano che non pretende di essere più di quello che realmente è, un ritornello che sceglie di essere solo melodico e null’altro, concludendo con un bell’assolo di chitarra lineare ed ispirato.
La band tedesca, alla luce di quanto detto, non può essere assolutamente consigliata a tutti. C’è parecchia professionalità ed esperienza, ma allo stesso tempo si scopre come l’orecchiabilità possa diventare stranamente sinonimo di “farraginoso”. Anche questo è prog? Sì, perché comunque vi è un tentativo concreto di elaborare certi schemi e di andare oltre. Non sempre riesce. O quantomeno, come già accennato, potrà non piacere a tutti.
I musicisti sono molto preparati. Magari, la prossima volta si faranno portatori di uno stile dai contorni più netti e meno patinati. Chissà?


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Michele Merenda

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