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COURT Twenty flying kings Ma.Ra.Cash 2012 ITA

Mi è difficile parlare dei Court, nome storico del progressive italiano, il cui primo splendido album “And you'll follow the winds' rush 'till their breath dwells” risale addirittura al 1993.
Mi risulta difficile perché per questa band ho un debole, nato sulle note di quel primo lavoro, così ricco di suggestioni, così carico di elementi folk, ma, allo stesso tempo con delle variabili new prog e hard rock. Così colmo di idee e decisamente originale, magari non registrato in modo ottimale e con qualche ingenuità (ma questo lo si dice sempre delle band all'esordio a volte anche per partito preso...) ma sicuramente stimolante.
Seguirono un lavoro interlocutorio (“Distances” del 1997) e, dopo un lungo silenzio, l'ottimo e maturo “Frost of watermelon”nel 2007.
Poi una tournée negli States (ma prima l'abbandono del bassista storico Luigi Bonacina), il forfait anche del cantante Paolo Lucchina, ma la grande voglia degli altri (il polistrumentista Mosè Nodari, il batterista Francesco Vedani, il chitarrista Marco Strobel) di continuare l'avventura Court.
Si ripresentano ora con un altro cantante (Marco Pedrini) ed un altro bassista (Jacopo Favrin), con una “nuova” opera costituita per la maggior parte da pezzi presenti nei primi due album completamenti risuonati e riarrangiati dalla nuova line-up.
Decisione ovviamente che può non essere condivisibile, ma la qualità dei brani scelti è molto elevata e perciò ci accontentiamo. Per ora...
Poco opportuno confrontare in modo lenticolare i “nuovi” brani con quelli suonati originariamente 20 anni fa. Ci limitiamo ad una considerazione generica e valida soprattutto per i tre pezzi ( “Cries”, “Lovers” e “Alviss' revenge”) appartenenti al primo lavoro, che perdono, nelle nuove versioni, in carica emozionale, forza evocativa ed enfasi drammatica per divenire più “manierate”.
E' comunque un grande piacere riascoltare gli impasti vocali di “Lovers” ed i tipici inserti folk-rock che la caratterizzano. E' una grande emozione riascoltare quel capolavoro della band che è rimasto “Alviss' revenge” (un po' la “Grendel” dei ragazzi varesini), con le sue reminiscenze medievali avvolte in una struttura altresì rock e la voce di Pedrini per nulla in soggezione nella parte che fu di Paolo Lucchina. Di grande impatto emotivo gli sprazzi acustici con mandolino, chitarra acustica, pianoforte e flauto.
Meno coinvolgente e con qualche calo di tensione la lunga “Sumptuous moment” (notevole l’inserto strumentale posto sul finale però).
I 9 minuti di “Cries” ci riportano ai Marillion di Fish in salsa insubrica.
Molto riuscita anche “Anastasius’ epitaph” e la sua coda strumentale “The great bear rising” (i cui originali si trovano in “Inferno”, la mastodontica opera sulla “Divina Commedia” promossa dalla francese Musea e dalla fanzine finlandese “Colossus”).
L’unico breve inedito “Dream tale” è un gradevole pezzo prevalentemente acustico che nulla aggiunge all’economia dell’album.
Nel complesso un lavoro sicuramente riuscito e piacevolissimo, ma che non ci fa dimenticare che si tratta pur sempre di brani già conosciuti e che “siamo nel giusto” nell’aspettarci al più presto un album “davvero” nuovo.
Non è stata “rivisitata” da “And you’ll follow…” quel gioiello intitolato “The song of omniscient dwarf”…
Che mi dite ragazzi? La “perfezione” non si poteva replicare?


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Valentino Butti

Collegamenti ad altre recensioni

COURT And you'll follow the winds rush 'till their breath dwells 1993 
COURT Distances 1997 
COURT Frost of watermelon 2007 

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