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CENSUS OF HALLUCINATIONS Dragonian days Stone Premonitions 2012 UK

Torna dopo almeno cinque anni uno degli ensemble più curiosi dell’ultimo decennio. “Sperimentatori”, li definirebbe qualcuno; “decisamente strambi”, qualche altro. Di sicuro, lungo una discografia che in studio, in poco più di sei anni, può vantare oltre 11 album, per non contare la pletora di raccolte con inediti di ogni tipo, nei tempi passati era emersa una compagine che doveva molto all’umorismo bizzarro della comune dei Gong, unendo una specie di pop-rock irriverente e dissacrante con una psichedelia non priva di fascino. Se come vocazione i riferimenti erano quelli di David Allen, quelli tecnici guardavano più a Steve Hillage, anche se il leader e chitarrista Tim Jones denotava uno stile assai personale. E nel 2012, dopo un po’ di silenzio, ecco “Dragonian days”.
Cosa aspettarsi dall’ultima fatica di Jones e compari vari? Di certo, la voglia di stupire rimane intatta… Il problema è quando lo si vuole fare ad ogni costo, rischiando al 99% di esagerare. Anticipiamo qualsiasi discorso dicendo che non si capisce bene chi è che canti su questo album: nei credits viene riportato il bassista The Reverend Rabbit, ma nelle note allegate si evince che in realtà si tratta dello stesso Tim. Che siano entrambi? Molto difficile, perché la voce “acerba” e beffarda risulta sempre la medesima, ricordando i primi The Edgar Broughton Band privati in buona parte della loro vena hard e soprattutto Captain Beefheart. Ecco, sono questi i riferimenti principali del rock psichedelico di Tim Jones (che nel booklet viene indicato anche col nome Jim Tones). Quando quest’ultimo decide di suonare le sei corde, lo fa con una maestria invidiabile; per questa uscita diventa più tagliente ed incisivo del solito, richiamando il già citato Hillage nella title-track, il Frank Zappa più rockeggiante soprattutto nel finale di “Ultra violet” o lungo “Hologram”, se non addirittura Vernon Reid (ma con meno sfoggio di tecnica) nel lento funky allucinato di “Semantic change”.
Se tutto il lavoro fosse stato su questo piano, si sarebbe dovuto parlare di un’opera controversa, canzonatoria (certo che per prendere in giro a Zappa ce ne vuole!), ma degna di ogni attenzione. E chissà, forse anche destinata a far parlare di sé in futuro. Ma purtroppo gli altri pezzi non sono sullo stesso livello, quanto meno non sullo stesso piano artistico. Ci sarebbe da ascoltare molto a lungo la rarefatta “Stupid guitarist” e chissà quante volte tutti i restanti brani, però sembra di essere di fronte a qualcosa che non si è espresso in toto, preferendo aleggiare attorno all’aura maledetta dello sberleffo. Di certo, Tim Jones è un talentuoso e questo non lo si sta scoprendo certo ora. Evidentemente ha scelto molto tempo fa di incanalare la propria creatività in un determinato tipo di proposta. Ci sono stati diversi ascoltatori che in passato hanno apprezzato. Attualmente, per come stanno le cose, qualcuno continuerà a farlo. Molti altri, no.


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Michele Merenda

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