Home
 
CAPTAIN BEEFHEART AND THE MAGIC BAND Le Nouvelle Hippodrome, Paris 1977 (2 CD live) Gonzo Multimedia 2014 USA

«Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla». Così si esprimeva Don “Glen” Van Vliet, meglio conosciuto col nome storico di Captain Beefheart (Capitano Cuor di Toro), uno pseudonimo le cui origini oscure sembrano affondare nelle abitudini morbose di uno zio che si mostrava nudo all’allora ragazza del nipote adolescente…
In effetti, volendo tornare alla frase ad effetto di cui sopra, quanto contenuto in questo doppio concerto, ripescato dopo trentasette anni, non dovrebbe essere mai acquistato. Bensì regalato. Possibilmente ad un nemico. O magari a chi un determinato periodo storico di avanguardistica protesta lo ha vissuto veramente, amandolo in ogni sua forma, divenendo quindi un profondo estimatore di ogni prodotto di Van Vliet, soprattutto se cacofonico a priori. A quel punto, si avrebbe la coscienza pulita di aver fatto felice un amico.
Tutto questo per dire che lo strimpellamento rumoroso che comunque fa riferimento al vecchio blues rurale, accompagnato dal vero marchio di fabbrica che è la voce aspra e demolitrice del protagonista, nel caso specifico viene degnamente “favorito” da un’acustica in stile “vecchio bootleg-mal riuscito-che si è tentato in qualche modo di ripulire”. Insomma, il noto intento del Capitano di essere irritante, urticante ed a tutti i costi irriverente viene rafforzato da un’incisione che nel suo complesso fa venire i nervi. Bersaglio colpito, quindi. Il vecchio Captain Beefheart può riposare in pace (è morto nel 2010 all’età di sessantanove anni, purtroppo affetto da sclerosi multipla), con un sorriso beffardo che si starà di sicuro disegnando sul suo volto. Già, perché quelli che ancora si arrovellano e discutono in modo animoso sul suo operato - come del resto già si può cogliere in queste poche righe - ci saranno sempre. E siccome l’intenzione era costantemente quella di andare oltre e di stupire, se non addirittura di scioccare (sempre per i parametri dell’epoca…), il nostro continua come se niente fosse, dimostrando che nemmeno la dolorosa morte può fermare il cammino travolgente di chi è stato designato per creare qualcosa. Di qualsiasi tipo.
Ma siccome si parla di un personaggio storico, pare che non ci si possa limitare a dire che un suo prodotto è brutto, anche perché quello lo potrebbero dire tutti. E allora occorre soffermarsi ulteriormente, dicendo che ci sono cavalli di battaglia come “Low Yo Yo Stuff”, “Abba Zabba”, “Nowadays A Woman’s Got To Hit A Man”, “China Pig” o “Floopy Boot Stomp” che si avvicinano maggiormente ai parametri classici del blues e magari ci si potrebbe anche sorprendere a battere il piede a ritmo, inducendo poi a pensare che forse non tutto è poi così da buttare. C’è anche un pezzo storico come “Electricity”, composizione emblematica di quel “Safe as milk”, che nel 1967 sanciva un esordio ancora vicino ai parametri classici del R&B e del Soul (lavoro da ascoltare, davvero), con il ventenne di belle speranze Ry Cooder alla chitarra. Che però, proprio tramite “Electricity”, già esprimeva con chiarezza la volontà dello stravolgimento prossimo venturo. I brani fin qui citati, in un modo o nell’altro, portano alla mente le grandi composizioni di Frank Zappa che sono diventate tali anche per la voce al vetriolo del Capitano in stile Howlin’ Wolf, come “Willie The Pimp” sul bellissimo “Hot rats” (1969) o “Muffin Man”, che chiudeva l’ottimo “Bongo fury” (1975). E dire che i rapporti tra i due erano stati da un determinato momento in poi conflittuali, al limite del paradossale. Diventati amici dopo aver militato assieme nei The Balckouts, dove Zappa suonava la batteria, si sarebbero rivisti a scuola e poi nuovamente rincontrati a Cucamonga, quando Van Vliet vendeva aspirapolveri. E da lì la convinzione a dedicarsi completamente alla musica. L’allora amico Frank finisce per produrre addirittura “Trout mask replica” nel ’69, che per i critici rappresenta comunque un riferimento importante per il rock, con tutti i suoi stravolgimenti. Nello stesso anno la citata collaborazione su “Hot rats” per ricambiare il favore, ma poco prima di “Bongo fury” Zappa definì il vecchio amico come un “testa di c…”. Come se non fosse bastato, Captain Beefheart se ne stava sul palco a disegnare caricature dello zio Frank, dando così sfogo alla vena pittorica repressa dai genitori che gli fecero perdere tante borse di studio (era anche scultore, tra le altre cose). Dal canto suo, Zappa lo ridicolizzava appena poteva… Mandando così all’aria la disciplina sempre imposta dallo stesso musicista italo-americano tra i suoi musicisti. Dopo il tracollo definitivo, i due si sarebbero ritrovati solo molti anni dopo e la rinnovata collaborazione è stata poi pubblicata su uscite postume.
Tutto questo per dire che nel frattempo, il Capitano aveva fatto venire l’esaurimento nervoso alla sua Magic Band, il così nominato gruppo che lo aveva affiancato fin dagli esordi ufficiali. Non solo Van Vliet aveva da tempo imposto un regime dittatoriale, ma si era autoconvinto che occorreva far entrare nella psiche degli esecutori l’essenza dell’album da registrare di volta in volta. In pratica, un costante lavaggio del cervello! Ergo, ad un certo punto la vecchia band lo lasciò per strada e lui dovette cercarsi qualche altro da plagiare. Manco a dirlo, ci riuscì. Però, ad un certo punto, trovò dei giovani musicisti che apparivano entusiasti di suonare la musica di colui che era un loro mito. Coloro i quali divideranno il palco di questo concerto trattato assieme al protagonista, si dichiareranno assolutamente felici ed affiatati, capaci di cogliere all’istante le intenzioni del loro leader, il quale confermerà quanto da loro espresso su tutta la linea, dimostrandosi completamente soddisfatto come mai era accaduto.
Alla fine, quindi, questo concerto di Parigi è (a suo modo) anche una bella storia. Per onestà, se ne consiglia l’acquisto solo a chi è fan sfegatato, ognuno per le sue motivazioni. A tutti gli altri, se proprio si vuole apprezzare il Capitano dal vivo, si rimanda ad “El paso” con Frank Zappa, estratto dal tour che faceva seguito proprio a “Bongo fury”. Inoltre, circola un doppio bootleg, “Bongo fury in El Paso”, che affianca al concerto in questione un secondo CD dal vivo, che vale la pena di far proprio, nonostante la non eccelsa qualità audio. Siete quindi avvisati…


Bookmark and Share

 

Michele Merenda

Collegamenti ad altre recensioni

CAPTAIN BEEFHEART AND THE MAGIC BAND Live from Vancouver 1973 2014 

Italian
English