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CHAMELEON (USA) Rising Shroom Angel Records 2013 USA

La storia dei Chameleon parte lontano. Si deve andare indietro fino a quel 1969 magico per la storia del rock che spingeva i più giovani a suonare con gli amici e a creare nuovi gruppi spinti da una comune passione. I fratelli Mike e Rick Huey in quell’anno formarono gli Evolepoh e fu il primo passo di un’evoluzione che li porterà a cambiare nome l’anno successivo, diventando Lorien e avendo la possibilità di aprire i concerti di artisti in piena ascesa come MC5, Captain Beefheart e Amboy Dukes. Si assesta una formazione che vede oltre agli Huey impegnati alla batteria (Mike) e al basso (Rick), anche Craig Gysler alle tastiere e alle parti vocali e Spencer Clark alla chitarra e nel 1975 il nome diventa Chameleon. A questo punto, l’influenza di band britanniche come Yes, Genesis, Emerson, Lake & Palmer e King Crimson incide molto sulle idee sviluppate da questi ragazzi, che cominciano a registrare in maniera amatoriale delle proprie composizioni. Nonostante l’attività prosegua con una certa costanza, che porta anche ad un ulteriore cambiamento di formazione quando Mike decide di lasciare e viene sostituito da Marty Naul dietro le pelli, di dischi ufficiali non si vede neanche l’ombra. Nel 1981 arriva lo scioglimento che lascia solo un alone di leggenda tra coloro che hanno approfondito parecchio lo studio della scena statunitense, che in qualche modo vengono a sapere dell’esistenza delle cosiddette “Barn tapes”, incisioni che prendono il nome dallo studio di registrazione in cui sono state effettuate nel 1978. A sorpresa, nel 2013, arriva questo cd intitolato “Rising” che raccoglie ben tredici pezzi e quasi un’ora e venti di musica risalente ad un periodo compreso tra il 1973 e il 1978. E immediatamente, con la prima traccia, si parte in quarta: i quasi dieci minuti di “Texas cyclone” si sviluppano attraverso ritmi veloci e in costante cambiamento e frizzanti intrecci tra chitarra e tastiere che insieme vanno a disegnare percorsi sonori cari agli Yes come ai connazionali Starcastle, Pre, Mirthrandir, Fireballet, Alabtross, Citadel e Yezda Urfa. Anche nei brani successivi i Chameleon si esibiscono in un progressive rock che deve molto alla band di Jon Anderson, riprendendo quel sound capace di unire slanci sinfonici e virtuosismi strumentali con una verve tipicamente americana. “Follow your love”, “Brave new way”, “Pass thru the Columbian mountains”, “Mirkwood forest”, giusto per citare alcune delle tracce più interessanti, rappresentano altri momenti emblematici che mostrano l’abilità dei musicisti nel creare composizioni dalla struttura di una certa complessità e che sprigionano tanta energia. Qualche episodio leggermente più robusto e senza troppi fronzoli mostra comunque una carica apprezzabile, come “Drool away”, un po’ Family, un po’ Traffic, o “Everyday everyway”, dalle sfuriate chitarristiche tra hard e jazz-rock e vagamente à la Jeff Beck. La qualità audio non è proprio il massimo (ed è comprensibile considerando il periodo a cui risale il materiale e il carattere amatoriale delle registrazioni), ma resta in ogni caso accettabile e si riesce comunque ad apprezzare la bravura dei Chameleon. Anche se in nettissimo ritardo, possiamo avere la possibilità di conoscere una band che - lo dico senza esitazione - non ha nulla da invidiare a quelle formazioni americane citate in questa recensione e che nel corso degli anni hanno regalato ottima musica e bei momenti agli appassionati del progressive rock di derivazione Yes.



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Peppe Di Spirito

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