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CORIMA Amaterasu Soleil Zeuhl 2016 USA

La strada dei Corima prosegue sui solchi tracciati dai Magma, forte fonte di ispirazione espressamente riconosciuta dal gruppo statunitense, che ringrazia la celebre creatura di Christian Vander anche in occasione di questo nuovo lavoro. “Amaterasu” segue a quattro anni di distanza “Quetzalcoatl”, apprezzato disco del 2012. Pur mantenendo un orientamento prettamente zeuhl, la musica spesso e volentieri si tinge fortemente di trame jazzistiche, risultando meno derivativa e spesso molto vivace. Tutto è incentrato su due composizioni di ampia durata, che potremmo vedere come delle suite suddivise in più parti. Il quintetto formato da Andrea Calderon, Paco Casanova, Patrick Shiroishi, Ryan Kamiyamazaki e Sergio Sanchez Ravelo mostra anche in questa occasione una piena padronanza del campo in cui si muove e la ricchezza timbrica con i vari strumenti utilizzati è un altro punto di forza.
La prima suite, “Tsukutomi” evidenzia subito quell’indirizzo più jazz-rock rispetto al passato. Suddivisa in tre tracce, inizia con atmosfere misteriose, scandite dal piano elettrico e da cori conturbanti; pian piano cresce l’intensità e con l’esplosione ritmica si lanciano in volo i vari strumenti (sax, tastiere, chitarra, violino), intrecciandosi, dandosi il cambio alla guida e proponendo assoli spediti e dinamici. Caratteristiche simili si denotano anche nella seconda parte, con partenza lenta seguita da accelerazioni spericolate; i due minuti e mezzo dell’ultima sezione, invece, si caratterizzano per tempi molto rapidi e funambolici.
La seconda suite, che dà il titolo all’album, è aperta dal pianoforte che si muove tra musica classica ed avanguardia, spingendo quindi sul lato più sperimentale. Si avverte quel senso di asfissia che trasmette spesso la musica zeuhl, ma dopo tre minuti e quaranta secondi, la seconda parte della suite è più distensiva, con dei dialoghi tra violino e tastiere più d’atmosfera e che sembrano creare un alone di mistero. Anche le parti cantate femminili, in questo caso, rimandano a quelle aperture corali che aprivano composizioni dei Magma del calibro di “Ëmëhntëhtt-Ré” e “Zess”. Ed è con la terza parte che i musicisti puntano maggiormente su caratteristiche zeuhl, con cantato “disturbato” e ritmi serrati in cui basso e batteria si fanno ben sentire. Dalla quarta parte in poi i Corima riprendono un indirizzo jazz-rock molto particolare, mostrando personalità attraverso belle combinazioni strumentali che non hanno nulla di scontato, ma senza disdegnare qualche altra citazione dell’opera vanderiana nella quinta parte (che rievoca molto i fasti della trilogia “Theusz Hamtaak”) o sviluppi più potenti qua e là.
Confermiamo, quindi, questa voglia dei Corima di risultare meno imitatori del loro punto di riferimento rappresentato dai Magma. Certo, a tratti le somiglianze si avvertono ancora fortemente, ma anche in questi momenti si parla di una proposta di qualità. La speranza è che in futuro la band sarà ancora capace di mantenere i livelli toccati da “Quetzalocatl” e “Amaterasu”, visto che ha dimostrato di saper fare grandi cose sia attraverso qualcosa di già sentito sia cercando strade più personali.



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Peppe Di Spirito

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