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CANTINA SOCIALE Caosfera Electromantic 2017 ITA

Alla terza prova discografica, i Cantina Sociale, orfani del cantante Iano Nicolò (passato definitivamente agli Arti & Mestieri), trovano la soluzione per sopperire a questa mancanza decidendo di puntare su una proposta interamente strumentale. Così, la perdita di un elemento carismatico e di una certa personalità, da problema si è tramutata in opportunità e, lo diciamo immediatamente, ha giovato tantissimo alla band, che cambia pelle e ottiene risultati di alto livello. Presentiamo la line-up come indicata sul booklet, con Rosalba Gentile al piano e alle tastiere, Elio Sesta e Marina Gentile alle chitarre, Massimiliano Monteleone alle percussioni, Lucas Onesti al basso, più Filippo Piccinetti, sempre al basso, ma solo nella title-track. Sono poi indicati come special guest Christian Saggese alla chitarra classica in “Verso sera” e come musicista addizionale Davide Calabrese alla batteria.
Questo nuovo album dura circa tre quarti d’ora e contiene sette composizioni. Venuta meno quella componente teatrale dettata dal vocalist nei precedenti dischi si nota oggi un’evoluzione che porta i musicisti verso un sound più energico e intricato. Basterebbe l’opener “Graffiti” a far capire i contenuti di “Caosfera”: un’introduzione d’atmosfera abbastanza sinistra, poi un’esplosione sonora che porta a metà strada tra i King Crimson del 1973-74 ed uno heavy-prog articolato e intelligente. Gli altri brani si muovono su coordinate simili. C’è sempre questa vivacità ritmica di base, che caratterizza non poco il sound della band; basso e batteria creano architetture particolari, sulle quali le chitarre elettriche si muovono con destrezza e fanno propri gli insegnamenti di Robert Fripp, affondando colpi in continuazione. In tutto questo diventa importantissimo il lavoro di piano e tastiere, che con fughe improvvise e aperture classicheggianti smorzano quella tensione che trasmette la musica. Momenti un po’ più ricercati si possono trovare nella prima parte di “Temporali nascosti”, con quell’incedere minaccioso dettato dal mix di timbri elettrici ed acustici e scandito dal tocco esotico delle percussioni, nonché nella conclusiva “Verso sera”, che porta a termina il lavoro con sonorità più pacate, tra ambient e romanticismo, con la chitarra acustica e il pianoforte a duettare in un momento elegiaco e carico di suggestioni sognanti.
Il salto di qualità è servito. Chiudiamo con un ritornello che ogni tanto si sente, ma probabilmente questo è davvero un album che se fosse stato realizzato da una band svedese farebbe parlare tantissimo su siti e riviste dedicate al prog. Sarebbe il caso di fare attenzione alle proposte provenienti da casa nostra, perché continuano ad uscirne un buon numero di grande qualità.



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Peppe Di Spirito

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