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CHEETO'S MAGAZINE Amazingous autoprod. 2019 SPA

Sebbene il gruppo di Barcellona sia giunto al suo terzo album, esso sarebbe ancora del tutto sconosciuto dalle nostre parti, se non ci fosse stata la loro partecipazione al Festival di Veruno nel 2016 ove hanno mostrato al pubblico italico e limitrofo la loro vena cabarettistica e spensierata, esplicata benissimo, dal punto vista visuale, dalle copertine buffe e colorate dei loro album e dal loro abbigliamento di scena, costituito da tutine aderenti dai colori sgargianti. Da un punto di vista strettamente musicale, tuttavia, la loro non fu esattamente un’esibizione che sia rimasta impressa in modo particolarmente positivo nelle menti dei presenti, divertiti sì dal buffo e spiritoso approccio della band ma spazientiti dopo pochi minuti di una musica poco coerente e memorabile. Questa nuova prova discografica quindi era in un certo senso attesa per vedere se il gruppo fosse in grado di fare un salto di qualità.
Una breve occhiata alla formazione intanto ci fa vedere che i due fondatori sono ancora lì (Esteban Navarro, voce e tastiere, e Manel Orella, chitarre), così come Matias Lizana (tastiere e percussioni); accanto a loro la sezione ritmica si è invece rinnovata nelle persone di Alex Marques (basso) e Gerard Sala (batteria). Il dischetto autoprodotto è costituito da 8 tracce, 7 delle quali di media/breve durata e l’ultima di ben 25 minuti.
La vena umoristica, cartoonesca e giocherellona della band pare essere ancora componente fondamentale del loro approccio musicale. Cominciando ad ascoltare l’album sembra di trovarsi alle prese con degli emuli dei Cardiacs, innamorati anche di Queen, Electric Light Orchestra, EL&P, dei primi Symphony X, degli Spock’s Beard… uff… e chissà quanti altri, ma questi sono i primi nomi che vengono alla mente… oltre ovviamente all’onnipresente, in questi casi, riferimento a Frank Zappa che viene evocato a più riprese nel corso dell’album. I Cheeto’s Magazine mischiano tutto quanto, lo frullano, aggiungono qua e là spruzzate di elementi estranei (pop, kalimba, AOR…) e recapitano una musica che assale giocosamente l’ascoltatore fin dall’avvio, non dando quasi tempo di rendersi conto di quanto sta succedendo.
Dopo le iniziali e scintillanti “Chili Guillermo” e “Cheese Cheater”, il primo momento di pausa riusciamo ad averlo verso la metà del terzo brano “Outflow”, ove una pausa di pianoforte ci introduce ad un finale che sembra preso da un album a caso di Neal Morse. E’ particolare anche la successiva “Ready To Rumble” che inizia su tonalità e ritmiche hard rock per concludersi in un lungo finale strumentale vagamente genesisiano.
“Close Your Eyes” inizia come una ballad ma si trasforma ben presto in un pezzo pop ritmato, vagamente reggae, ben poco memorabile, malgrado il finale dai toni maestosi. “Scum” è un brano quasi strumentale e dalle sonorità più oscure, con caratteristiche a tratti quasi metal. "A.W.K.W.A.R.D." è un brano (il più breve di tutti) di flash rock alla Styx che, a dir la verità, ne sembra quasi una parodia.
Siamo giunti ai 25 minuti di “Big Boy” dunque, suddivisi in 5 parti, composizione in cui il gruppo, lungi dal rinnegare se stesso e le proprie attitudini, cerca di fare davvero sul serio. I nostri danno vita quindi ad un brano intenso e musicalmente ben concepito, in cui le diverse parti si susseguono ricche di variazioni di tempo e di umore, come siamo ormai abituati, ma senza la frenesia di dover concludere o dimostrare qualcosa nell’arco di pochi minuti. Un brano sicuramente godibile ed interessante in tutti i suoi sviluppi e le sue sfaccettature, che mette leggermente da parte la follia del gruppo in favore di una musica da ascoltare. Non poteva esserci chiusura migliore per quest’album che, malgrado qualche piccola caduta di tono, rappresenta veramente un deciso passo in avanti da parte della band catalana che, a mio parere, entra a pieno titolo nel novero delle entità artistiche di punta di quest’anno Prog 2019.



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Alberto Nucci

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