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DARXTAR Sju Black Widow 1996 SVE

Approda alla base Black Widow l'astronave svedese DARXTAR, giunta ormai alla quarta tappa. Differentemente da quanto ci è stato dato di ascoltare da parte di altre bands nordiche già sulla bocca di tutti i proggofili, i DARXTAR affondano (o, per meglio dire, innalzano) i crismi della propria ispirazione nello space-sound dei bei tempi andati, ed infatti concezione dell'opera, strumenti usati, accorgimenti adottati in sede di incisione, tutto sembra concorrere alla fedele ricostruzione di un feeling prettamente seventies. Il proposito, è bene dirlo, trova felice riscontro nell'atto pratico, ed il lavoro appare intrigante e carico di emozione fin dal primo ascolto. Su di esso aleggia un'aura di mistero, come solo le infinità siderali possono suggerire. Ogni traccia possiede una propria peculiarità che la distingue dalle altre. L'esordio "Obstakel" è, per esempio, scevro di vere influenze spaziali, preferendo basarsi su un Hammond bello potente, su cui poi si innesta una chitarra elettrica che crea un insieme veramente lirico, come per i nostri Men Of Lake. Lo space trip comincia con "7", dove l'inizio di stampo teutonico (Klaus Schulze) ben presto si evolve in una trama psichedelica che richiama ancora i Men Of Lake, ma anche i Pink Floyd e, soprattutto, i tedeschi Eloy. Forse non vi sono camaleontici trasformismi tematici, ma pregnanti atmosfere dilatate, tranquille, di gran gusto. In "This alien nation", come pure in "Eastern wind", è effettivamente più agevole riscontrare la paternità putativa dei maestri Hawkwind: il primo pezzo è forse schematico dal punto di vista ritmico, ma l'hard immesso è assai trascinante; il secondo è invece più melodico e psichedelico. Sorprende alquanto, per cattiveria, il conclusivo "It's enough", col suo riff di chitarra rabbioso e durissimo, ma rallentato, su cui poi interviene una voce cosmica e maligna al tempo stesso; nella seconda parte, pare addirittura di trovarci al cospetto dei Black Sabbath! "Sju" è opera dura ed elegiaca, rivolta verso altri pianeti e galassie ma del tutto "terrena" nella capacità di coinvolgere; in più ha una bella copertina. Ed allora non indugiate oltre, "il tempo non esiste, lo spazio è la nostra dimensione!"...

 

Francesco Fabbri

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