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DELTA SAXOPHONE QUARTET Dedicated to you... but you weren't listening - the music of Soft Machine Moonjune Records 2007 UK

Nell’immaginario jazzistico d’avanguardia i Soft Machine hanno un posto indiscutibilmente “alto”. Quello che hanno saputo creare le menti eccelse dello storico gruppo è talmente grande che dai cassetti continuano ad uscire inediti, versioni live, versioni alternative, rimasugli e ritagli di incisioni e chissà che altro. Ecco l’altro: un quartetto di straordinari sassofonisti che decidono di riproporre i loro brani arrangiati per l’esecuzione a quattro fiati (più qualche sorpresa).
Il quartetto Graeme Blevins (sax soprano), Peter Whyman (sax alto), Tim Holmes (sax tenore saxophone) e Chris Caldwell (sax baritono) non è fresco, anzi esiste dal 1984, ma normalmente è dedito a musica d’avanguardia, free, cameristica e minimale. L’esperimento in questione, che potrebbe dare adito a dubbi di sorta per l’improbabilità espositiva è invece un atto di devozione qualitativamente elevatissimo e riuscito in maniera completa.
I brani “trattati” percorrono idealmente tutta la carriera della grande Macchina Soffice a partire dalle prime cose tardi anni ’60 fino al periodo di Jenkins e, considerato che non credo corrano dubbi sul fatto che tutti brani trattati siano capolavori, direi che la disquisizione potrà vertere esclusivamente sulla bontà dell’operazione e dell’esecuzione degli arrangiamenti.
Il primo ascolto di questo disco l’ho fatto in cuffia, in piena notte, quando in casa tutti dormivano e non potevo permettermi un volume decente. Credo però che la scelta, seppur coatta, sia stata perfetta: c’è un tale lavoro d’organico che consente ai 4 sax di compenetrarsi, completarsi e scambiarsi le parti,che merita veramente l’ascolto attento, concentrato e definito che solo una cuffia di qualità, grazie al suo isolamento dall’esterno, può dare. Quel che è uscito dal primo ascolto è stato, stranamente per me, già sufficiente a darmi un quadro perfetto del disco e gli ascolti successivi non hanno fatto altro che definire, lasciando intatta la bontà di giudizio del primo. Non che voglia riempire la recensione di sensazioni personali, ma l’ascolto in notturna mi ha dato la possibilità di definire questo disco come fosse composto da tanti piccoli sogni, elementi di puzzle il cui collante è questo soffio epidemico che sinuosamente scorre sui lembi a mo’ di cucitura e va a creare un quadro onirico altrimenti non percettibile.
La scaletta prevede anche alcuni brani scritti appositamente dai componenti del quartetto, brani che comunque non si discostano dallo stile e che, presumo, siano stati scritti con gli spartiti dei Soft Machine in bella evidenza. Tranne lo strano connubio “Outrageous Moon” nata dalla fusione di due brani tratti da “Third”, “Out-Bloody-Rageous” di Ratledge e, ovviamente, “Moon in June” di Wyatt gli altri brani “cover” vedono tutti la firma di Hugh Hopper o di karl Jenkins. Tra i brani di Hopper brilla in maniera immensa “Facelift” che vede, sorpresa, proprio la presenza dell’autore al basso e ai loop sonori. Bella la versione di “Noisette” che presenta un arrangiamento aspro e minimale. Ben centrati i tre brani di Jenkins (“Floating World”, “Aubade” e “The Tale Of Taliensin”), che persino guadagnano in serietà e rigorosità musicale. Tra i brani del quartetto spiccano lo schema free di “You” e l’eterea spaziosità dell’introduttiva “Dedicated”.
Un disco non facile, anzi a tratti piuttosto duro da masticare, ma che una volta sistemato nell’orecchio dà un’ora di grandi soddisfazioni sonore, sintomo che dei Soft Machine sentiremo parlare ancora, ancora e ancora.

 

Roberto Vanali

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