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DAEDALUS Motherland Galileo Records 2011 ITA

Terzo album per i genovesi Daedalus che, esattamente come per il precedente lavoro, si avvalgono della produzione di Roland Grapow, ascia dei tedeschi Helloween. Nella loro biografia si legge che l’esordio era votato a delle influenze jazzistiche; non avendolo sentito non si può dire nulla in merito, ma per quel che riguarda quest’ultima fatica l’impronta di Grapow appare incisiva: un progressive metal dal sound pulito, energico ed aggressivo, con delle influenze (anche per ammissione dei diretti interessati) di natura decisamente “power”. L’artwork è stato affidato a Davide Natalin che, tra gli altri, ha collaborato con i Threshold. Infatti la copertina ricorda molto i lavori degli inglesi e, curiosamente, se ne può cogliere qualcosa anche nei brani, che rimandano ad alcune cose di “Psychedelicatessen”.
Dopo l’intro “What a Challenging World”, “Your Lies” scorre via tra tutti i cliché del genere, lasciando il timore di avere davanti il solito album ben suonato e prodotto, sì, ma composto da luoghi comuni come ce ne sono tanti in giro. Per fortuna, più si va avanti e più “Motherland” acquista spessore, spingendo l’ascoltatore ai ripetuti ascolti dei brani che parlano delle inquietudini del mondo contemporaneo.
Così, “Until You’re Here” parte sparata, con i ricami delle tastiere vintage di Elisa Montaldo (Il Tempio delle Clessidre) che sarà ospite per tutto l’album. I puristi storceranno il naso ma l’influenza Helloween si sente tutta, inglobata però in un contesto meno pacchiano e più musicale (sarà forse per questo che il punto di contatto più evidente sono i brasiliani Angra?). Bello l’intermezzo che squarcia la ritmica aggressiva con un’atmosfera quasi jazzata, tra chitarre e pianoforte.
“Perspective of the Moon” è un altro di quei brani molto complessi che nulla toglie e nulla mette al genere, che però presenta un ottimo assolo chitarristico di Andrea Torretta, il quale si destreggia in un ritmica tutt’altro che facile da seguire.
La prog metal ballad “For Aye” è tra i momenti migliori dell’album, con un inizio acustico ed un ritornello urlato con tutta l’anima dal singer Davide Merletto. Tra l’altro, i ritornelli stessi non sono identici ma vengono eseguiti con sfumature diverse. Peccato per l’assolo troppo breve, che si era sviluppato dopo la bella preparazione creata dalle tastiere di sottofondo della Montaldo.
La title-track è ancora un pezzo vincente, che si apre con una chitarra assai tagliente. Occorrono un paio di ascolti per entrare nell’ottica di idee di questo brano, tra Threshold ed Angra dell’era “Fireworks”, ma ancora una volta il refrain è di quelli giusti, spezzato da dei cambiamenti di tempo giocati tra Torretta ed il bassista e fondatore Fabio Gremo (da approfondire questa questione dei bassisti italiani…). Assolo intricato e potente, che si snoda tra i complessi passaggi del drummer Davide La Rosa.
“Sand” vede il contributo vocale “cattivo” di Trevor dei Sadist, in una canzone che, fin dall’intro neoclassica, appare decisamente inquietante, con i suoi ipercinetici controtempi tecnologici.
La strumentale “Weather the Storm”, altro momento topico, è dettata dalla tastierista Elisa Montaldo, la quale, tra pianoforti e keyboards varie, fa il bello e cattivo tempo, sempre supportata al meglio dal resto della band.
“Underground” è un altro pezzo decisamente tosto, in cui l’assolo di chitarra è eseguito magistralmente dallo stesso Grapow.
Con “A Tale” si intraprende una ritmica riconducibile a certe cose più melodiche dei Sieges Even (facendo sempre le debite proporzioni…), innestata su ritornelli tipici del metal melodico europeo.
Chiusura con “Empty Rooms”, composta da una tensione repressa e che, non a caso, vede ancora la presenza di Trevor. Ottima la prova di Merletto.
Per concludere, un bell’album questo “Motherland”, la cui considerazione aumenta dopo alcuni attenti ascolti. Nulla di nuovo sotto il sole ed anzi si spera che il prossimo album ci possa regalare nuove soluzioni. Per adesso, godiamoci questi undici brani ben suonati e, diciamolo pure, ben confezionati.


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Michele Merenda

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