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THE D PROJECT Big face Ozeta Productions 2011 CAN

La D sta per Desbiens (Stephane), musicista canadese già al lavoro in altri progetti musicali e giunto al terzo album a nome D-Project. Chi ha già ascoltato i lavori precedenti sa di trovarsi di fronte ad un genere new progressive dall’attitudine abbastanza leggera, a sfiorare un certo fm-rock americano con risultati piacevoli e poco impegnativi. Come in precedenza, qualche ospite più o meno illustre fa compagnia a Desbiens e compagni. In questo caso abbiamo l’onnipresente Tony Levin, Bartek Kossowicz dei Quidam ed il tastierista Lalle Larsson, ma è da citare anche il mastering eseguito nientemeno che da Andy Jackson, già vincitore di due Grammy Award.
Echi di Pink Floyd (quelli post-Waters), un po’ di AOR, qualche annacquato accenno crimsoniano, ballate da ascolto in auto e spunti che riprendono la lezione di band come Flower Kings e Spock’s Beard, sono tutto ciò che si trova all’interno di “Big Face”. Fortunatamente il frullato musicale risultante è discreto e interessante, ben supportato da uno stile compositivo basato sulla forma canzone e colorato da parti strumentali nella maggior parte dei casi scontate ma ben suonate, con larga profusione di assoli, specialmente di chitarra, che sfiorano il virtuosismo senza risultare logorroici. Tra i brani, la lunga “They” scorre via liscia tra parti melodiche e qualche break dissonante, “Anger I & II” è una ballatona in buona parte acustica, con inserti classici e assoli al seguito, come “Big face”, che privilegia l’atmosfera e propone un cantato enfatico. “Anger III” funge da intermezzo (abbastanza breve, fortunatamente) sconfinando nel metal, “So low” e “Don’t tell the kids” sono quasi canzoni da classifica (e infatti nel cd sono allegati come bonus i rispettivi video). Il resto si trascina sino alla fine tra rock, divagazioni alla chitarra classica, cori “anthemici”e un finale cantato in francese.
“Big face” va oltre il prog, e in qualche modo se ne distacca per spostarsi su terreni più accessibili. L’album si ascolta con facilità, i temi melodici restano in testa senza fatica e durante l’ascolto permane una sensazione di qualcosa di molto pulito e studiato, quasi lucidato alla perfezione per non lasciare neanche un granello di polvere in una superficie splendente. C’è poca anima e poca personalità, ma il risultato perlomeno non lascia indifferenti. Consigliato soprattutto agli amanti del genere o a chi ha voglia di ascoltare qualcosa di rilassante tra un pranzo a base di RIO e una cena a base di Zeuhl.


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Nicola Sulas

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