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DAZKARIEH Ruído do silêncio Galileo Music 2011 POR

Avevo sentito un brano di questo gruppo una sera su radio tre e, pensando si trattasse del solito gruppo emergente con nessun lavoro all’attivo, come sempre in questi casi, ho cominciato a girare tra Myspace e Facebook cercando qualche notizia. E’ stata piuttosto grande la sorpresa di trovarsi davanti a un gruppo con una carriera decennale e cinque dischi all’attivo, che ha cambiato diverse volte stili e formazioni (ora praticamente ci troviamo di fronte ad un quartetto), che è riuscito a vendere 33.000 copie di una sua compilation del 2005, che accompagnava Eldest, secondo capitolo della fortunata trilogia fantasy di Christopher Paolini, e che, oltre essere molto conosciuto in Portogallo, riesce a fare tournée in giro per l’Europa con risultati positivi e con molti riconoscimenti.
Il fatto che un gruppo del genere sia praticamente ignorato dal mondo Prog (non solo italiano, ma quello non fa testo…) dovrebbe far riflettere, considerando il valore di questo progetto musicale, la qualità delle composizioni e lo stile di riferimento che, partendo dal folk rock (qualcuno fa paragoni azzardati con gli Steeleye span), riesce a contaminarsi con tantissime influenze (dal metal alla musica etnica, dal fado all’ambient), creando atmosfere nuove che pescano a piene mani dal fiume del passato, e considerando soprattutto la maggior parte dei gruppi di frontiera (metal, jazz, ambient) che vengono osannati dal nostro ambiente.
Tutte le composizioni ruotano intorno alla stupenda voce rubata al fado di Joana Negrão (che con quel timbro profondo e malinconico riesce a farti entrare nella magia del mondo lusitano senza mai cadere nella scontata celebrazione della musica portoghese) e all’ecletticità musicale di Vasco Ribeiro Casais che dipinge pennellate musicali deliziose con i suoi interventi da polistrumentista (nichelarpa, bouzuki, cornamusa portoghese oltre la chitarra) in tutte e dodici le composizioni.
Tutti i brani sono cantati in lingua madre e si rifanno nei testi anche a estratti provenienti dalla tradizione orale ma non c’è mai la sensazione dell’omaggio al passato, anche quando vengono recitate litanie che hanno centinaia di anni, né di trovarsi a un disco di musica folk tout-court. La musica del gruppo di Lisbona è universale e tutti possono sentirla propria.
Ogni brano di questo cd ha qualcosa che ti rimane impresso. Per esempio il contrasto tra la sezione ritmica resa aggressiva dalla presenza di un basso compresso e distorto e la delicatezza del bouzuki in “Sons de po“ e “Moda de Ceifa II”, la bellezza di una ballata folk come “Mazurka de agua”, la solennità che ricorda tanto i Dead Can Dance di “Manhazinha de S. João”, la melodia malinconica della title track. Mai come in questo caso ci troviamo di fronte ad un disco che cresce ad ogni ascolto e che regala sfumature musicali interessanti anche in mezzo a strutture sonore relativamente semplici.
Forse il Portogallo dopo i Madredeus ha veramente trovato un altro gruppo importante e degno di attenzione anche nel nostro piccolo mondo musicale. Magari gente curiosa riuscirà anche a trovarlo più bello di un tributo o del solito disco di settantenni.


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Antonio Piacentini

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