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DEAFENING OPERA |
Blueprint |
autoprod. |
2013 |
GER |
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A quattro anni di distanza dall’esordio “Synesteria” e a tre dall’EP “25.000 miles” si rifanno vivi i tedeschi Deafening Opera, che si presentano all’appuntamento con il loro secondo album in un sestetto formato da Adrian Daleore (voce), Moritz Kunkel (chitarra solista), Thomas Moser (chitarra ritmica), Christian Eckstein (basso), Gérald Marie (tastiere) e Konrad Gonschorek (batteria). Pur essendo un’autoproduzione il cd è presentato con professionalità e merita un elogio la brillante registrazione. La musica, invece, lascia qualche perplessità, pur facendo emergere musicisti sicuramente capaci con i loro strumenti. Si inizia con un new-prog leggerino, “Her decay”, mentre la seconda traccia “Tatjana”, brevissima, funge da introduzione a “Dripping hot chocolate”, che sembra maggiormente ispirarsi ai Porcupine Tree post “Stupid dream” e ai Riverside. Il seguito dell’album si mantiene su queste precise coordinate, senza picchi d’eccellenza e senza cadute di tono eccessive, con i musicisti che fanno sempre molta attenzione all’aspetto melodico, cercando di mantenersi orecchiabili anche grazie a qualche ritornello un po’ ruffiano e che ogni tanto sfiorano il metal senza mai raggiungerlo appieno. Qualche momento in cui riescono a catturare l’attenzione c’è (tipo “25.000 miles”, dalle dinamiche interessanti e “Paralelno”, il brano più delicato e probabilmente top del disco, con un bel mix di potenza, eleganza e maestosità e con la particolarità del canto in francese), ma nel complesso non è che coinvolgimento e feeling siano elevati e alla fine resta davvero poco di un ascolto che lascia segni tutt’altro che memorabili. Non basta qualche inserimento vagamente elettronico/alternativo e con il lontano profumo di Radiohead a rendere più appetibile e personale il lavoro, né quei momenti più indovinati riescono a trainarlo per bene. “Blueprint” resta così abbastanza anonimo e avaro di emozioni; non è da bocciare del tutto, ma di prodotti del genere ce ne sono già fin troppi (ricordiamo RPWL e Sylvan tra i più apprezzati, ma anche loro con non pochi limiti) e non sembra, almeno per il momento, che l’estro e la fantasia dei Deafening Opera siano tali da farli emergere tra gli artisti impegnati in contesti simili.
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Peppe Di Spirito
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