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D'ACCORD D'accorD III Karisma Records 2014 NOR

Attiva ormai da qualche anno la (retro) prog band norvegese D'accorD rilascia, come ben evidenziato dal titolo, il suo terzo album in 6 anni. Mentre il precedente “Helike” era suddiviso in due corpose suite di oltre 20 minuti l'una, “III” è basato invece su brani più brevi (anche se tre comunque superano gli 8 minuti) senza che per questo, i 5 vichinghi, vogliano disinnescare i connotati vintage che sin dagli esordi, hanno contraddistinto il suono del gruppo. Se il “verbo”, dunque, è ben piantato nei seventies, molti sono i maestri dai quali i D'accorD si nutrono: gli Uriah Heep, i Jethro Tull, i Genesis, i Deep Purple, solo per scomodare i più evidenti. E se vogliamo identificare influenze più attuali, direi che il paragone con i vicini di casa svedesi dei Black Bonzo non è per nulla campato per aria. “These last todays” apre col botto l'album: dosi massicce di tastiere rigorosamente “datate”, un poderoso lavoro di basso e batteria, un bel “guitar-solo” sufficientemente “sporco” e la voce di Daniel Maage a disegnare ottime linee melodiche ben assecondate dai cori. “Here lies greed” è una sorta di brano degli Uriah Heep suonato dai primi Jethro Tull (e non solo per l'uso funambolico del flauto...). “Lady Faboulus” e “Mr. Moonlight” continuano a mostrarci l'amore per gli Heep (Byron-era, ma anche per certo rock americano venato di blues) con risultati più che buoni (fatta salva l'originalità) grazie anche all'attitudine “live” che la band mette di continuo in mostra. “Ibliss in bliss” è un altro pezzo dinamico e tirato in cui il prog settantiano incontra gli... Who (!), mentre il finale non è follia (e se lo fosse, perdonatemi) accostarlo alle galoppate dirompenti delle “3 chitarre 3” dei mai troppo compianti Lynyrd Skynyrd (mai mi sarei aspettato di citarli in una recensione di un gruppo... seppur hard-progressive...). “Song for Jethro” va ad incontrare il folk d'annata commisto al rock con un buon feeling. Ottime “Mon-Sat: part I“ e “Mon-Sat: part II” forse i due pezzi (o una mini-suite, se preferite) più tipicamente prog, con molto spazio lasciato al flauto, cambi di atmosfera apprezzabili, chitarra elettrica graffiante ed un bel “solo” di tastiere a rifinire il tutto. C'è spazio anche per una bonus-track, “The doom that came to Sarnath” (tra l'altro, con i suoi 11 minuti scarsi, quella di più lunga durata della raccolta) che mostra una volta di più come si possa fare ancora oggi del sano rock senza troppi compromessi. Rimane aperto l'annoso ed anche stucchevole, ormai, dibattito progressive-regressive. Ai D'accorD non interessa, al sottoscritto neppure.. A voi? Per “freaks” nostalgici ma, soprattutto, non solo...


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Valentino Butti

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D'ACCORD D'accord 2009 
D'ACCORD Helike 2011 

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