Dopo i consensi ottenuti con la seconda prova in studio, la Mylodon ha deciso di ristampare il debutto della band capitanata dal virtuoso tastierista Jaime Rosas e dal meno virtuoso vocalist Claudio Morice. In effetti l’elemento più pregevole, di quello che altrimenti sarebbe un semplice album di discreto new prog, è rappresentato dal lavoro eseguito sui tasti d’avorio. Le tastiere, pur non facendosi mai eccessivamente invadenti, ci regalano fitti e vividi ricami in stile Emerson. Non pensate comunque a nulla di pomposo ed eloquente, si rimane sempre su lidi terreni e melodici. L’album è scattante e la musica è interpretata con grande vivacità e rapidità. In alcune tracce si possono addirittura ascoltare delle vere e proprie cavalcate, scandite da rapidi e serrati riff di chitarra. In altri frangenti ci assestiamo su atmosfere più propriamente sudamericane, con calde e delicate melodie. Unico neo è forse rappresentato dalla voce un po’ stridente (soprattutto quando fa un po’ il verso di Geoff Tate) di Claudio che comunque è, nonostante tutto, abbastanza ben tollerabile. Le parti migliori rimangono quelle più rilassate, ove il gruppo riesce sicuramente a dare il meglio di sé in quanto ad espressività e sentimento. Concludendo si può certamente affermare che si tratta di un lavoro gradevole e dignitosamente realizzato, anche se piuttosto acerbo.