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ETHERS EDGE Return to type autoprod. 2010 UK

L’ascolto dell’esordio dei britannici Ethers Edge ci fa conoscere una band che sembra avere due volti. Per capire cosa intendo basterebbe ascoltare il brano di apertura “Here I am”: partenza promettente con interventi di tastiere e di chitarra elettrica che rimandano sia al romanticismo dei Seventies che al new-prog Marillioniano, ma quando subentrano le parti vocali il brano tende a perdersi un po’ tra melodie abbastanza banali e schitarrate aggressive per nulla convincenti. Per quasi nove minuti si passa in pratica da un estremo all’altro: in alcuni momenti il sound è più pacato e raffinato e in questi frangenti le parti strumentali sono decisamente affascinanti, ma ci sono brusche interruzioni in cui le sonorità si fanno fin troppo irruenti, risultando un po’ fastidiose. Il prosieguo dell’album è un continuo alternarsi di alti e bassi. Se “The routine” ci offre una sorta di metal tecnologico dalle atmosfere algide, i lenti ritmi di “Whitewashed everything” e di “Facing reality” trasmettono una malinconia che rimanda vagamente ai Paatos più languidi, con qualche crescendo debitore del post-rock. I nove minuti della title-track spingono nuovamente sull’acceleratore, per uno heavy-prog poco convincente e non molto dinamico nonostante gli svariati cambi di tempo. Decisamente più riuscita e carica di pathos “Writer’s void”, inizialmente solenne e Hackettiana, pronta a virare anche verso un buon prog-metal e verso suoni più spacey. “Open wide” avanza tra melodie stralunate e sembra una lunga e bizzarra ballata la cui stravaganza è apprezzabile. La delicata chitarra elettrica della breve “Dreamtime calling” introduce “Don’t follow”, altro brano che passa senza mezze misure da momenti incandescenti a spunti più onirici. Piacevole il finale affidato a “Life’s light”, caratterizzata da belle melodie vocali e chitarristiche. Dietro questo progetto c’è la mente del multistrumentista Bazza Preece che mostra personalità e professionalità e sono pochi gli interventi di altri musicisti. E’ difficile intravedere in effetti punti di riferimento e influenze e questo può essere un dato positivo, così come è interessante il concept di base. Tuttavia il talento di Preece viene fuori davvero solo a tratti. Se riuscirà a far convergere le sue idee verso una direzione più precisa, smussando certe sonorità che stridono con le buone intuizioni che pure mostra di avere, il futuro degli Ethers Edge potrà essere decisamente roseo. Per ora “Return to type” lascia solo intravedere certe queste potenzialità ed il giudizio globale non può essere pienamente positivo, ma attendiamo con curiosità una nuova prova per vedere se Bazza riuscirà a mostrare il giusto processo di maturazione e a spingere la sua musica verso una maggiore omogeneità.


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Peppe Di Spirito

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