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EOL TRIO |
End of line |
Cristal Records |
2012 |
FRA |
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Il trio francese, autore di uno stile che è stato definito in alcuni siti jazz-prog-rock, torna dopo tre anni dall’esordio in studio con “Mister K” (nel 2006 era stato comunque inciso dal vivo “Live at little big”). I brani sono stati quasi tutti composti dal tastierista Denis Girard; vista l’assenza della chitarra, da quest’ultimo scaturiscono tutte le soluzioni soliste, sfruttando pianoforte, organo e sintetizzatori. Accanto a lui altri due ottimi musicisti come il fratello batterista Xavier Girard ed il bassista Laurent David. L’iniziale “Walkin Downtown” potrebbe far pensare ad un jazz tastieristico piuttosto “laccato”, anche se le fasi di basso distorto creano un particolare effetto psichedelico. Ma man mano che passano i minuti, Denis lascia il piano effettato e vira verso l’organo, facendo somigliare la musica a quella di un altro trio jazz-rock parecchio famoso e piuttosto anomalo: i Niacin di Billy Sheehan, Joe Novello e Dennis Chamber. Medesima formazione, in entrambi i casi grandi capacità strumentali che permettono di poter codificare linguaggi musicali complessi ma allo stesso tempo espressivi, anche se i tre europei sembrano più vicini alle radici jazz rispetto ai colleghi americani. La prossimità degli EOL Trio col prog è evidente grazie alla capacità di creare schemi anomali come in “Smoke in the Tube” (composta da entrambi i fratelli), “Dollers” o nella suggestiva e a tratti sperimentale “New One”, seguito naturale della precedente “Take Care Brother”, una melodia jazzata assai discreta. Si respira molto aria di studio e accademia in questo album, senza che però ciò possa essere sinonimo di sterilità di idee o prematura ingenuità. Ne è una dimostrazione “Bad Song”, dove gli strumenti viaggiano impetuosi ed allo stesso tempo controllati. Un ossimoro alla cui base sta la fortuna dell’intero lavoro, che si contraddistingue per il grande impegno ad allo stesso tempo la massima fruibilità. “Soft Tune” e “Hard Tune”, come indica già il nome, sono una più meditativa e l’altra maggiormente incisiva (anche se pure la seconda porta alla meditazione, ma ad un livello differente), mentre la conclusiva “MMW” ha dei rimandi quasi funk, con un finale che ancora una volta può riportare a Novello & company. I suoni, per concludere, sono di una nitidezza praticamente cristallina, ma dotati allo stesso tempo di “spessore” e quindi la musica ha il pregio di non suonare mai vuota. Assieme all’esordio dei Trioscapes (anche se qui non vi è la spinta della ricerca innovativa degli statunitensi), “End of line” è tra le uscite migliori nel settore. E sarebbe comunque lecito argomentare di una qualità di contenuti che va ben oltre la piccola nicchia, quindi parlando di Musica nel suo complesso.
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Michele Merenda
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