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ELDS MARK Elds mark autoprod. 2020 NOR

Ecco a voi gli Elds Mark, progetto musicale di chiara ispirazione retròin ogni suo aspetto: composizioni, suoni, arrangiamenti, produzione e grafica. Le premesse potrebbero far pensare all’ennesima operazione volta solamente a soddisfare gli appetiti dei più biechi detrattori delle novità musicali, ma l’ascolto permette di fugare ogni dubbio sulla sincerità dell’operazione.
Ci troviamo al cospetto di quarantaquattro minuti di musica dove ogni eccesso è bandito, dove la ricerca della perfezione artificiale costruita negli studi di registrazione è lasciata da parte per restituire un suono “vero”, quasi frutto di un’esecuzione e di una registrazione in tempo reale, che forse in parte è anche avvenuta. Gli Elds Mark sono C. E. Berg e R. E. Túritrøen, due polistrumentisti sotto pseudonimo attivi in altre band (il secondo è componente di Jordsjø e Tusmørke) che hanno realizzato l’album con l’aiuto di Jacob Holm-Lupo dei White Willow, che si è occupato del mastering, e di Kristian Frøland dei Jordsjø, il quale è il responsabile della registrazione della batteria.
Le undici tracce strumentali sono accurati bozzetti musicali fatti di melodia e di esecuzioni calibrate e rilassate, come l’iniziale “Tel olg Sti”, un’ipnotica danza in cui la batteria mantiene una ritmica costante sotto gli arpeggi della chitarra e le melodie del flauto, con solo una brevissima pausa che fa da preludio a momenti solistici ancora del flauto e di un’altra chitarra impregnata di overdrive, a ricordare i migliori momenti dei Camel. Stesse atmosfere anche per i brani successivi, tutti incentrati sul dialogo tra flauto e chitarre, spesso jazzate o acustiche, piano acustico ed elettrico ela batteria suonata in maniera morbida e ricca di fantasia. Fa un po’ da spartiacque “Jordreis”, che si differenzia per avere qualche momento più progressivamente vario equindi aggiunge qualcosa alle atmosfere folk-jazz pastorali sino ad ora ascoltate. I brani successivi sono tendenzialmente più cupi e nervosi, con chitarre dal suono più hard, l’organo Hammond più presente, qualche linea solista di sintetizzatore che emerge e una scrittura generalmente più basata sui riff, assolutamente gustosi anche quando suonati in maniera ripetitiva. “Lauvdal II”, “VårSkog”, sono brani dalla struttura mediamente più semplice, che riescono però a mantenere il mood malinconico e intriso di freddo romanticismo di tutto il disco. “Eldsfall” supera di poco i sei minuti, divenendo il brano più lungo del disco e quello che ne raccoglie tutti gli elementi distintivi, mentre “Vandring” chiude il lavoro in maniera quasi completamente acustica.
Considero “Elds Mark” un lavoro notevole, coinvolgente e intriso di fascino senza tempo. Mi piace il suo essere quasi dimesso, suonato con calma in modo da lasciar trapelare emozioni all’ascolto. Mi piace la malinconia che trasuda, mi piacciono le atmosfere morbide, sinuose e avvolgenti che sembrano richiamare alla mente la natura e le foreste del nord, eascoltarlo è come ammirare un quadro espressionista, dove è fondamentale cogliere le sensazioni che l’autore vuole trasmettere senza doverle rappresentare accuratamente sulla tela.



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Nicola Sulas

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