|
EYESBERG |
Claustrophobia |
Progressive Promotion Records |
2021 |
GER |
|
La storia degli Eyesberg nasce ad inizio anni ’80 ma i membri fondatori, Georg Alfter (chitarra/ basso), Norbert Podlen (tastiere) e Malcolm Shuttleworth (voce), solo nel 2014 riescono a pubblicare il loro primo album, “Blue”. Nel 2016 il bis con “Masquerade”, due discreti lavori di new prog romantico a mezza via tra il sound dei primi ’80 (i Genesis di “Duke”, ai IQ, Marillion…), e quello più recente dei vari Spock’s Beard, Huis, senza dimenticare qualche rimando ai Pink Floyd. In questo inizio di 2021 è la volta di “Claustrophobia” in cui ai collaboratori del trio si aggiunge, alla batteria, Jimmy Keegan (ex Spock’s Beard) ed Emma Edingloh ai cori. L’album è un concept incentrato sulla drammatica vicenda di Vincent Van Gogh dalla adolescenza al suicidio finale. Sono otto i pezzi con i quali il gruppo affronta la vita del pittore olandese per quasi 50 minuti di durata. Il lavoro si apre con la title-track, che con i suoi undici minuti è anche il brano più lungo della raccolta, e che, come gli altri brani, presenta delle brevi note per aiutarci a comprendere l’evolversi del racconto. Nel pezzo specifico l’opprimente e devastante, per la vita del futuro pittore, presenza della figura materna. Squarci floydiani vanno ad incastrarsi con sonorità new prog incalzanti e dinamici, con i “doverosi” cambi d’umore in cui si innesta la voce di Shuttleworth. Undici minuti che volano via senza forzature o cedimenti. “Strange Boys” è un brano molto ritmato, easy listening, che sa molto di Genesis tra “Duke” ed “Abacab” e lo stesso front man non fa nulla per non ricordare Collins… Molto più elaborata e riuscita la lunga “Walking in storms” (oltre nove minuti) dove apprezziamo l’ottima prestazione del basso di Alfter che dona vigore alla composizione con i continui, ficcanti interventi, come pure il delizioso cantato di Shuttleworth. Il resto lo fanno le convincenti linee melodiche e i notevoli “solos” ora di Podlen (tastiere) ora di Alfter (chitarra). Insomma, è il brano che abbiamo apprezzato maggiormente. “Salamander tree” è una breve soft-song che fa da “liaison” alla più corposa “Sacrifice”. Un altro buon brano: ben strutturato, tra i Genesis più istrionici e… Citizen Cain… con Shuttleworth che sembra Cyrus (ammesso che sappia chi sia). Limpidi e sgargianti gli interventi delle tastiere. “We want you out!” si pone su territori decisamente più heavy, senza infamia e senza lode, molto hackettiana “Into the asylum” con alcuni momenti davvero gradevoli, seppur “codificati”. Si chiude con “Final ride”, altro pezzo piuttosto brioso che, inaspettatamente, si conclude in modo dimesso e repentino. In definitiva un lavoro più che discreto, probabilmente il migliore della produzione targata EyeSBERG, che senza affannarsi troppo in percorsi tortuosi, ma seguendo una confortevole “retta via” riesce a confezionare un prodotto appetibile per il prog fan più aperto al “main stream”.
|
Valentino Butti
Collegamenti
ad altre recensioni |
|