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THE EMERALD DAWN |
In time |
World’s End Records |
2023 |
UK |
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Era il 2010 quando i polistrumentisti Katrina “Tree” Stewart (anche cantante) e Ally Carter crearono gli Emerald Dawn ad Edimburgo. Spostatisi poi in Inghilterra e reclutato il batterista Tom Jackson hanno man mano intensificato la loro attività e, tra il 2014 e il 2023, hanno realizzato cinque interessanti album. L’ultimo parto, “In time”, in cui troviamo anche il bassista David Greenaway, mantiene certe caratteristiche formali che si sono presentate con costanza nel tempo, a partire dall’artwork dall’ambientazione fantasy e proseguendo con una proposta musicale le cui composizioni tendono ad avere un lungo minutaggio. Come il suo predecessore “To touch the sky”, anche questo nuovo lavoro vede una track list che riporta ai fasti antichi del rock sinfonico, con una suite che va oltre i ventitré minuti ed altri due brani ad ampio respiro. Se non vi siete mai avvicinati a questa band prima, vi diciamo subito che se siete amanti di queste strutture e di un sound che rinvia palesemente a quanto fatto negli anni ’70 da Genesis, Yes, Renaissance e Camel, siamo al cospetto di qualcosa che fa decisamente al caso vostro. Il cd si apre proprio con la suite “Out of time” che parte col piano classicheggiante e con un tappeto di archi campionati suonati dalla Stewart. Ben presto si inseriscono la chitarra elettrica epica di Carter e la voce che segue melodie vocali aggraziate e contribuisce ad incrementare le sensazioni di mistero e malinconia. Proseguendo l’ascolto, si va avanti tra accelerazioni con temi e intrecci strumentali cari agli Yes, cambi di tempo, uno splendido assolo di piano elettrico ed uno di chitarra che ci catapulta più sul versante new-prog marillioniano. Verso i nove minuti ecco il cambiamento che non ti aspetti: la musica si fa più dimessa, con atmosfere languide che virano verso melodie oniriche dal sapore orientale. È un momento decisamente ipnotico, con la voce di Tree che va sugli scudi e che si ritrova anche a duettare col sax di Ally. Questa conturbante parentesi è interrotta intorno ai sedici minuti, dove la chitarra da una bella sferzata e riporta il tutto su coordinate più tipicamente sinfoniche. Si prosegue su questa falsariga e tra variazioni ritmiche fino alla fine, con un recupero anche dei temi ascoltati all’inizio della composizione. La seconda traccia “Timeless” si avvicina ai quindici minuti ed inizia con un groove intrigante; il sax va poi al timone per un po’, poi, con i giri di basso sempre ben avvertibili sullo sfondo, incontriamo un bel tema chitarristico ripetuto, un bel passaggio cinematico che porta ad una sezione pacata e molto intensa nella quale si eleva il canto di Tree, che dopo un po’ si esibisce al flauto, dando una leggera spinta jazz-rock. Ritorna la chitarra e il tema guida già affrontato in precedenza e si arriva alla conclusione con tastiere e sax che duettano e trascinano. L’ultima traccia del cd è “The march of time”, che in oltre otto minuti si caratterizza per ritmi marziali, spinte new-prog, tastiere altisonanti e fraseggi melodici gradevoli e incisivi, soprattutto da un punto di vista vocale. “In time” si fa apprezzare sia per la forma che per la sostanza, risulta ben suonato e ben cantato, poco originale magari, ma poco importa quando i risultati sono così positivi. Gli Emerald Dawn avevano raggiunto probabilmente il loro top con il precedente “To touch the sky”, datato 2021, ma possiamo dire che il nuovo album va molto vicino a quel livello.
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Peppe Di Spirito
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