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FINNEGANS WAKE 4th Carbon 7 2005 BEL

Non è facile riuscire a districarsi dal fitto groviglio di note musicali ed idee che si intrecciano rigogliose in questo quarto lavoro del quartetto belga che si articola per di più in un doppio CD. Ben 15 musicisti sono stati chiamati ad integrare il nucleo fondamentale della band composto dal sassofonista e tastierista Henry Krutzen, dal bassista Alain Lemaître, dal chitarrista Alexandre Moura e dal cantante Richard Redcrossed, la cui performance canora è in realtà apprezzabile soltanto in 2 brani su un totale di 15.

Gli strumenti musicali scelti sono quelli di una piccola orchestra, andando dal clarinetto ai classici archi, al corno inglese e all'oboe, fino a tutta una vasta gamma di percussioni classiche ed etniche. E' evidente che la musica classica, ed in particolare quella contemporanea, c'entra qualcosa, anche se gli strumenti non sono utilizzati tutti assieme a creare qualcosa di sinfonico e orchestrale ma vengono scelti di brano in brano, creando dei piccoli insiemi da musica da camera. Bisogna poi aggiungere che lo spirito della band è piuttosto avanguardistico, profuma di jazz, contaminazioni e non preclude sperimentazioni. L'opener "The Voyage of Maeldun" è un ottimo biglietto da visita ed invoglia sicuramente ad entrare in un fitto sottobosco di suoni e variazioni musicali. Troviamo a farci strada un duetto intrigante fra un flauto un po' stridulo e un vivace violino e più avanti vengono inseriti efficaci intarsi elettrici che si muovono su basso sincopato e un intermezzo incantevole con oboe e chitarra classica. La composizione è spezzettata con un equilibrato alternarsi di strumenti diversi che si intrecciano, momenti di silenzio e cambi improvvisi di situazione. Il suono non è compatto, non vi sono tappeti di sottofondo ma tutte le voci musicali si stagliano nette su uno sfondo limpido, come se danzassero in punta di piedi in un luogo sperduto ed inviolabile. Nonostante la mancanza di linearità la composizione trova una sua logica che la rende godibile. "Back On", la traccia successiva è cupa e Crimsoniana, punteggiata di suoni spettrali e scenari che potrebbero ricordare gli Änglagård di "Epilog". Questa stessa percezione emerge più volte nel corso dell'ascolto e ci si potrebbe chiedere, ascoltando ad esempio alcuni momenti della lunga "Fata Morgana", se i Finnegans Wake abbiano mai trascorso qualche serata in una fredda foresta di conifere e betulle svedese. Questo paragone non deve però confondere troppo l'ascoltatore: nei Finnegans Wake non si trova la stessa aggressività e la stessa sinfonicità del gruppo scandinavo. Dopo il breve intermezzo acustico di "Olinda" troviamo i due pezzi di chiusura: "Mercurial" con i suoi temi musicali alienanti e magnetici e "Tapioca com Pimenta" con riff di chitarra imponenti e metallici che si contrappongono alla dolcezza degli strumenti classici, tastiere infuocate lanciate in assoli brevi e veloci ed un solo conclusivo di chitarra elettrica indiavolato.

Una volta entrati nel mondo dei Finnegans Wake è facile perdersi, soprattutto se si arriva a mettere nel lettore il secondo disco ottico: questa volta le canzoni prendono una veste più indefinita e tortuosa, perdono ogni appiglio logico e si aprono verso l'astrazione pura, trascinandosi a volte stancamente con suggestioni sonore allucinogene, a volte di stampo new age e mostrando in altre occasioni il loro lato più sperimentale con ottime improvvisazioni jazz. "Wenceslas Shorts" è il primo dei due pezzi cantati: in realtà troviamo una voce filtrata che recita qualcosa su un sottofondo buffo dall'andatura anserina e spunti alla Gentle Giant. Il mood fondamentale del brano, che pervade anche un po' tutto questo secondo disco, è comunque inquietante e straniante. Il secondo pezzo cantato è invece quello di chiusura "Bon Voyage", e qui la voce di Richard è sempre declamatoria anche se pare accennare a volte una strana melodia. Il sottofondo musicale è soltanto lo scenario di questa sorta di strana recita.

Insomma, concludendo: ottimo il primo CD, non completamente messo a fuoco il secondo, anche se l'aggiunta di un secondo disco potrebbe essere interpretata come un tentativo, da parte della band, di offrire qualcosa di più insolito e sperimentale, privo di censure di ogni sorta, senza rinunciare ad un album di senso compiuto come possiamo apprezzare appieno con il disco 1.

 

Jessica Attene

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