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FRIENDSHIP TIME Friendship time Mellotronen 2007 SVE

Ecco un piccolo giallo della storia del prog che ha visto come protagonista uno dei tanti giovani gruppetti che popolavano l'underground musicale della Svezia degli anni Settanta. Una band come tante che era rimasta folgorata da "The Yes Album", appena uscito all'epoca, e che sognava di poter portare la propria musica in giro per concerti e di pubblicare un LP, magari per un'etichetta famosa. Si trattava di un sogno proibito per la maggior parte di questi gruppi ma che arrivò ad un passo appena dal concretizzarsi per i Friendship Time. La musica che fino ad allora era stata respinta con insistenza dalle case discografiche perché ritenuta troppo poco commerciale era pronta per essere stampata, grazie all'intercessione di un amico, niente meno che dalla Virgin. Era il 1975 e i chitarristi Dag Mattsson e Kent Kroon, il cantante Leif Fröling, il bassista e mellotronista Martin Cehra ed il batterista Thomas Löwgren dovevano essere sicuramente eccitati alla vista degli acetati che preannunciavano l'imminente stampa del loro disco per una major! Peccato che l'avventura si fermò proprio a questo punto: agli acetati… Qualcosa accadde e i master sparirono nel nulla e la band sconfortata si sciolse poco dopo. Passano trent'anni, niente si seppe di quelle incisioni finché Dan Lundqvist, bassista dei Trettioåriga Kriget, non telefonò a Stefan Dimle della Mellotronen dicendogli che nella sua soffitta aveva trovato una gran quantità di strani nastri che potevano fare al caso suo e fra quelli spuntarono proprio quei nastri! La cosa divertente è che i due non avevano mai sentito parlare dei Friendship Time e dai nastri non si capiva neanche se quello indicato fosse il nome del gruppo o soltanto il titolo dell'album; fatto sta che Stefan iniziò a far sentire le registrazioni a tutti i vecchi musicisti che capitavano nel suo negozio: erano tutti concordi nel ritenere che si trattasse di musica interessante ma dei Friendship Time nessuno aveva mai sentito parlare. La storia andò avanti per un anno, finché capitò il bassista Tommy Cassemar che si ricordò della band e in qualche modo si risalì a Kroon il quale, contattato telefonicamente, pensò in un primo momento ad uno scherzo, fino a sciogliersi letteralmente quando realizzò la realtà dei fatti circa il ritrovamento miracoloso. Lascio il resto dei particolari alla lettura del booklet corposo che contiene tutti gli aneddoti legati alla realizzazione del disco e una serie di belle foto (una trentina almeno) dell'epoca.
Venendo alla musica dobbiamo associarci al giudizio degli avventori di Stefan: si tratta di un ritrovamento davvero interessante e oltretutto di musica assai particolare ed insolita per la scena svedese di allora. Il sound è graffiante e le sonorità sembrano provenire direttamente dalla scena underground prog statunitense. Si leggono perfettamente fra le principali influenze, gli Yes, soprattutto per quel che riguarda il basso pulsante e veloce, gli intrecci chitarristici e l'elaborazione stessa delle linee melodiche che a volte sembrano una variazione di spunti presi dallo Yes album, con un risultato finale che potrebbe ricordare quanto proposto dagli England. La musica è frizzante, con una timbrica degli strumenti un po' da cantina ed un suono di batteria forse un po' troppo penalizzato, ma complessivamente l'impressione è quella di una proposta spontanea, sincera e carica di entusiasmo. Si tratta di un disco prevalentemente strumentale, con belle aperture sinfoniche, con suggestive svisate di Mellotron e ritmiche festose e spigliate. La peculiarità di questa band è quella di aver saputo imprimere alla propria musica, americaneggiante e fortemente ispirata agli Yes, una propria impronta nazionalistica. Si tratta di un'impressione molto sfumata ma che senza dubbio non sfuggirà agli appassionati di progressive rock scandinavo. Non penso certamente a quell'alone malinconico che spesso si attribuisce alle proposte nordiche, quanto alla scelta di certe melodie. In alcuni tratti vengono inserite sequenze hard blues, che non perdono comunque i loro connotati sinfonici: un bell'esempio è fornito da "Clouds", che sfoggia un tappeto di impulsi Yessiani con spinte blueseggianti e un cantato graffiante, anche se non molto presente nell'arco degli otto minuti e mezzo della traccia, con qualche richiamo ai Made In Sweden. Il risultato complessivo è ancora più sorprendente se si pensa che i musicisti all'epoca erano appena diciottenni e questa musica brilla sicuramente per capacità tecniche, freschezza e maturità di linguaggio, sebbene si tratti di composizioni ruspanti e di impatto. Niente che cambierà la storia della musica o che farà ridisegnare le coordinate del prog svedese, niente di trascendentale in fondo, ma dobbiamo convenire che si tratta davvero di una bella scoperta. A conclusione, come ultimo particolare, segnaliamo la bella ed elegante confezione cartonata.

 

Jessica Attene

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