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FIFTH SEASON Stronger, perfect AMS/Vinyl Magic 2005 ITA

Eccoci all’ascolto di un altro album concept. Questa volta però non possiamo parlare di prog ma di un cross-gender dagli attributi metallici, rock, space e metal-prog. Il quintetto romano che si presenta come Fifth Season è all’esordio discografico e propone un lavoro che rappresenta il sunto del lavoro degli anni precedenti. Lavoro presumibilmente duro e ricco visti i risultati. Per riassumere le influenze del gruppo occorre spaziare attraverso parecchi decenni di musica perché si va dai Pink Floyd ai Deep Purple, dai Jethro Tull ai Dream Theater, passando per gruppi tipo Pantera, Queen, Malmsteen, Skid Row, Stratovarius, ecc. ma senza disdegnare qualche breve momento neoprog marillioniano.
In merito alle qualità dei componenti non si può che rimanere positivamente colpiti, tutti – tastierista in primis – danno sfoggio di grandi abilità tecniche e sono molti i momenti dove questo sfoggio diventa funzionale e non esibito.
Discorso diverso è quello relativo alle qualità della musica prodotta, che appare altalenante e discontinua con strizzate d’occhio a destra e manca e, purtroppo, e parlando dallo stretto punto di vista prog, senza centrare nessun obiettivo.
E’ anche vero che questa discontinuità stilistica contribuisce non poco a creare quello che si può definire uno stile proprio, ma, a mio avviso, è veramente eccessivo il divario tra l’approccio stilistico di certi morbidi e magici momenti flautati o arpeggiati, con le potenti e volgari aggressività growl e metal di altri. Questa scelta si ritrova sia in ogni singolo brano, sia nella totalità del lavoro, pertanto non trovo un movimento che si elevi e si distingui nettamente dagli altri. Forse la porzione “Act II The Hatch (The Valley)” che sembra quasi preparare un accenno canterburyano e che ci regala qualche momento di grande fascino anche se diluito, alternativamente, in un lamento chitarristico-vocale piuttosto scontato. Non male anche il finale con “Act IV O Theophagos” e “Epilogue The Demission” dai quali escono momenti veramente interessanti. Terrificante e completamente fuori luogo (se la proposta deve avere attinenza con il prog) è “Act III The Marching Truth” con i suoi ritornelli growl, che rimarranno pure in testa fin dal primissimo ascolto, ma è questo lo scopo di un disco?
Concludendo un lavoro, seppur non brutto, che non riesco ad apprezzare, specie nelle parti cantate – intendiamoci Francesco “Bodhi” De Raffaele è dotato e capace, ma la sua timbrica non è quella che cerco – Vorrei consigliare alla band di orientarsi su qualcosa di maggiormente definito ed evitare i di tutto un po’ e gli ammiccamenti a tutto e a tutti, che alla fine risultano sempre meno convincenti.

 

Roberto Vanali

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