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FILORITMIA Passaggi Autoprod 2009 ITA

Scelgono un modo un po’ particolare per veicolare la propria musica i Filoritmia.
Pubblicano sul loro sito internet a cadenza mensile a partire dall’8 ottobre 2008 e fino all’8 aprile 2009 i vari brani (scaricabili gratuitamente o con una offerta libera) e l’8 maggio 2009 esce la versione CD di “Passaggi”, la somma degli otto pezzi pubblicati su internet.
Scelta che, a sentire la band,è stata premiata da buoni riscontri.
La formazione meneghina (Angelo D’ariano tastiere; Antonio Mazzucchelli batteria; Giorgio Mele voce; Matteo Scarparo basso e Roberto Riccardi chitarra) aveva esordito nel 2000 con l’album omonimo, dalle buone critiche, poi dopo un anno sabbatico (il 2004), nel 2005 il lento ritorno alle composizioni ed ora questo nuovo progetto.
Riff nervosi, momenti più pacati, sobri passaggi strumentali, sprazzi heavy, rock d’autore, trame new prog, sperimentazioni ritmiche, testi mai scontati, un cantante di buona personalità, ricordi del pop italiano anni ’70 debitamente rivisitati…..
Un pizzico di “preoccupazione”: che mi sia imbattuto nell’album che aspettavo del 2009?
La granitica “Colla e gesso” ha l’onore di aprire il CD. L’andamento è incalzante e molto rockeggiante con riff di chitarra molto incisivi che rimandano magari anche all’hard rock dei Seventies, ma tradiscono comunque un radicamento convinto alle sonorità del nuovo millennio oppure anche certi momenti della Pfm di “Serendipity”.
Brano senz’altro convincente.
Diversa la traccia successiva, “Senza sale”. Solo dopo una introduzione acustica, il brano esplode con intrecci suggestivi tra assoli di chitarra e tastiere vintage, ben sostenute dalla duttile voce di Giorgio Mele, che nel finale viene ulteriormente distorta ed enfatizzata per portare poi ad un crescendo conclusivo veramente azzeccato.
Splendida anche la “non-cover” “Non è festa” che omaggia la Premiata, ma che possiede la sfrontatezza e la capacità di sorprendere che può avere solo un brano originale quale in effetti è la composizione.
Le due anime della band (quella intimista e quella heavy) cozzano anche in “L’uomo che torna”.
Delicati arpeggi di chitarra ed un canto soffuso vengono ben presto imbrigliati e sostituiti da una esuberanza sonora evidente e per certi versi “straniante” (ancora la voce distorta…) e poi incanalati di nuovo in “passaggi” (appunto…) più soft.
Ormai lo stupore è divenuto ammirazione.
“Godo” è uno schiaffo ben assestato, ma per nulla doloroso: teso, tagliente (anche nel testo..), ma pure intensamente lirico. Le famose 2 ( e più) anime della band.
Il sesto brano (inizialmente pubblicato su internet l’8 febbraio 2009) è “Il sogno del fotografo”. Stavolta mi convincono meno sia il testo che il cantato, mentre sempre pregevoli i guizzi strumentali con ritmiche irregolari ed un bel solo di tastiere nel finale pirotecnico.
Riff brusco di chitarra ed un ritmo spezzettato sono le travi portanti di “Questo” , altro brano riuscitissimo.
Chiude un album che necessita ascolti a più riprese e a vari livelli, “Manifesto” ancora su ottimi standard qualitativi.
Trovo piuttosto pertinente l’accostamento con i Deep Purple, il cui fantasma buono aleggia spesso nelle composizioni del gruppo meneghino, ma assieme a molto molto altro.
Tornando all’entusiasmo iniziale, non posso che confermare la bontà di “Passaggi” ed invitare all’acquisto di questo CD che, dulcis in fundo, dispone di una confezione di pregio assoluto. Il che non guasta.



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Valentino Butti

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