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FROGG CAFE' The Bateless Edge 10T Records 2010 USA

L’eredità zappiana è cosa vasta. Sparso ai quattro venti c’è un ben di Dio di ispirazioni e di temi unici e inconfondibili. Ognuno è in grado di prenderne un pezzettino e farlo suo, elaborarlo, farlo proprio rimarcandone un aspetto, una filosofia, un scenario. Non si tirano certo indietro e lo fanno ormai da anni, i Frogg Cafè, band americana con base nell’area metropolitana di New York, la cui capacità di miscelare i suoni e temi del passato con un jazz moderno e tecnicamente ineccepibile è sicuramente il loro punto di forza. Questo nuovo lavoro, escludendo i live, arriva a cinque anni di distanza dal buon predecessore in studio “Fortunate Observer Of Time” e a mio avviso si pone, per coerenza, complessità, forza e dinamica espressiva ai vertici assoluti della band, assieme al secondo “Creatures” del 2003. Per questo quinto, la band, oltre al sestetto di base, vede ben dieci orchestrali di supporto per un risultato che, lo dico già da subito, è da provare e amare senza remissione alcuna. I brani sono sempre lunghi e molto vari e vanno a comporre i quasi 78 minuti del lavoro, con personalità e peculiarità mirabili. Da segnalare “Terra Sancta”, dove ci si getta immediatamente in un coacervo di forti sensazioni con sonorità arabeggianti tra Zappa e Mahavishnu, proiettate verso un guitar solo di grande impatto (Frank Camiola), che si svolge in un clima riflessivo, giusta scelta sonora che ben evidenzia il perché della dedica alle vittime dell’11 settembre. Tra i pezzi forti “Pasta e Fazeuhl” che, come ci sottolinea il bel gioco di parole del titolo, è costruita con poderosi tratti zeuhl/magmatici tra infernali trombe, ritmiche complesse e un marasma di sensazioni musicali, con alti e bassi emozionali che vanno dai semplici arpeggi a vere e proprie esplosioni tonali. Un fantastico break cameristico, prima del ritorno esplosivo del jazz rock zeuhliano del finale, ricco maestoso e al contempo cupo e travolgente. Poi c’è la lunghissima “Under Wuhu Son”, venti minuti suddivisi i tre parti. La prima tra intrichi crimsoniani, chambre music, climi zappiani alla “Sleep Dirt”, porzioni cantate ricche di densa melodia che passo, passo portano a stacchi dove violino (eccezionale Bill Ayasse) e marimba (Vessela Stoyanova) si sposano tra spazi di inedita liricità tra assolo sincopati e persino richiami all’Hackett elettrico. La seconda parte presenta un duro e tagliente 7/4 chitarristico, che fa da appoggio per una sarabanda zappiana di fiati, tra clarinetti e flauti per concludersi con un movimento che sembra volersi ispirare alle più belle pagine dello stesso Zappa periodo “Grand Wazoo”, con un vigore e una dinamica esemplare dove i clarinetti, i tromboni e i filicorni dei fratelli John e Nick Lieto si incrociano con le mirabili ritmiche di James Guarnieri e le linee di basso di Andrew Sussman. La parte conclusiva è ancora sulla scia di Zappa, nume ispiratore almeno fino a dove entra il cantato, su partiture complesse e ritmi dispari, che mettono in grande evidenza le qualità del vocalist Nick Lieto e la capacità di tutti di intrecciarsi tra jazz, rock, arie classiche da bolero, avanguardia e orchestrazioni varie. Più sperimentale “Belgian Boogie Board”, degna conclusione di un disco splendido, un uragano sonoro, turbinii di fiati e percussioni che partono gettandosi a capofitto in temi da “Orchestral favorites”, ancora miscelando rock d’avanguardia, jazz progressivo e musica cameristica.
Il notevole songwrinting, la qualità e la fluidità delle esecuzioni, anche dal punto di vista meramente tecnico, la grande personalità delle composizioni, non possono non catturare un ascoltatore attento, pertanto se amate quanto descritto, se amate Frank Zappa, Univers Zero, Ravel, i Gentle Giant degli esordi, ma soprattutto se vi intriga sapere cosa avrebbe potuto essere la musica degli Echolyn, se avessero continuato a sviluppare alcune idee di partenza, questo disco fa per voi. Non immaginate però un lavoro che pedestremente si rifaccia agli autori citati, pensate ad una musica completa ed accattivante, complessa ma non ostica, personale e ricca di magia melodica. Un disco che deve essere vostro.



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Roberto Vanali

Collegamenti ad altre recensioni

FROGG CAFE' Creatures 2003 
FROGG CAFE' Fortunate observer of time 2005 

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