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FENIX TALES The abyss eye Black Widow Records 2015 ITA

Dopo il debutto avvenuto sotto forma di EP nel gennaio 2014, i fiorentini Fenix Tales pubblicano il loro primo full length album. Fondato nel 2008 dal tastierista Marco (non è dato sapere i cognomi dei componenti della band), il sestetto porta avanti una proposta che con il prog non c’entra assolutamente nulla, nemmeno volendo coinvolgere la relativa applicazione al mondo del metal. Inseriti senza alcun dubbio nel (comunque ampio) genere musicale citato per ultimo, i toscani sono autori di un gothic-metal sinfonico che ha come punto di riferimento la musica classica e – per essere ancora più specifici – l’attitudine operistica. Su tutto e tutti primeggia la voce della soprano Lucy Lucia Liù, che per una volta non suona sterile e fine a se stessa come spesso capita in compagini analoghe. Il fatto è che tutto ruota attorno a lei, facendola esaltare e risaltare a discapito degli altri elementi in gioco. Di sicuro le basi musicali sono molto solide, come sta del resto a dimostrare il lavoro all’archetto di Federico, primo violino in molte importanti istituzioni sinfoniche e liriche. Ma tutto ciò porta a trascurare l’impatto sonoro degli strumenti, tipo il suono della batteria fin troppo “leggero” o quello delle chitarre nell’assolo metal in stile neoclassico eseguito durante la title-track, che avrebbe necessitato di ben altro trattamento. Scontato (fin troppo) citare i Nightwish; ecco allora la necessità di pensare a qualcosa di più strutturato, tipo gli svizzeri Lacrimosa, alfieri del gothic sinfonico per eccellenza, ma anche fare qualche accenno agli svedesi Therion, quelli di album come “Theli” e “Vovin”. Certo, non c’è la medesima complessità della creatura di Christofer Johnsson; l’atteggiamento generale sembra più che altro di tipo cinematografico, guardando in particolar modo alla colonna sonora composta da Claudio Simonetti per il film “Opera” di Dario Argento, con Liana Monris alla voce.
Aspetto cinematografico che può essere colto in “Confutatus Maledictis”, con la sua introduzione quasi mediorientale che fa pensare alle sabbie di “Stargate”. Ma anche i bellissimi gorgheggi iniziali e finali di “War”, che potrebbero essere inseriti in qualche colonna sonora di Ennio Morricone. Poi, nel mezzo, musica da guerra irlandese. Come del resto nella conclusiva “Dolls”, sottolineando così che assieme al metal e alla musica sinfonica vi è anche il folk celtico nel retaggio dei sei musicisti.
Non c’è più molto da dire. Come buona parte delle produzioni della casa discografica genovese, il cui nome può essere letto in testa alla recensione, anche qui si guarda al lato oscuro. Da rivedere ma comunque affascinanti (sempre rimanendo nel loro settore, sia chiaro), anche per la bella copertina ad opera di Andrea Sortino.



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Michele Merenda

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