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FEARFUL SYMMETRY The difficult second autoprod. 2022 UK

Secondo lavoro per questo progetto capitanato dalla polistrumentista e compositrice britannica Suzi James, che è coadiuvata dal cugino Jeremy Shotts, impegnato ai testi. A dare man forte al duo, troviamo la cantante Yael Shotts e il batterista Sharon Petrover, che hanno collaborato anche agli arrangiamenti. Le difficoltà a cui fa riferimento il titolo sono legate alle responsabilità che solitamente hanno i musicisti impegnati a dare un seguito al loro debutto. In questo specifico caso si sono aggiunte nuove problematiche legate agli sconvolgimenti portati dal covid, a questioni familiari e al fatto che per l’occasione Suzi si è impegnata ad imparare a suonare diversi nuovi strumenti. Ad ogni modo, “The difficult second” segue le coordinate del suo predecessore “Louder than words”, proponendo un prog pronto ad aprirsi a varie contaminazioni e con testi fortemente ispirati da William Blake.
Ma andiamo ad esaminare i contenuti del cd. Pronti, via e i sei minuti di “Mood swings and roundabouts” ci portano subito in un mondo sonoro fortemente derivativo degli Yes, tra vivacità, intrecci strumentali, un basso fortemente à la Squire e rock sinfonico tirato. Non certo originale, ma davvero ben fatto e molto piacevole da ascoltare; come inizio davvero promettente. Le seguenti tracce non sempre seguono un orientamento verso lo yessound. Già la title-track mostra un andamento più jazz-funk, mentre “Light of my life” è pop-rock, romantica e malinconica, con il piano a guidare. Se in “Shifting sands” e “Eastern eyes” incontriamo un prog che regala belle sensazioni virando verso la world music con forti echi di Oriente, ecco a seguire il rock più diretto, ma un po’ deboluccio, di “The song of the siren” e “Hope”. Fortunatamente arrivano due pezzi che risollevano immediatamente le cose. Dapprima “Sandworm”, maestosa, chitarristica ed heavy come alcune proposte di Steve Hackett negli ultimi anni. Poi “Shukraan Jazilaan”, altra composizione dai forti sapori orientali, molto affascinante ed esplosiva nelle sue contaminazioni e negli impasti tra timbri acustici ed elettrici ed occasione per Suzi di utilizzare strumenti esotici quali oud e darbuka. In conclusione, infine, c’è una suite di quasi un quarto d’ora suddivisa in 5 parti. Poteva esserci finale migliore per gli appassionati di rock sinfonico? Si ritorna a sonorità molto care agli Yes, con tecnicismi, brillanti incroci chitarra/tastiere e intuizioni preziose, tra trovate classicheggianti e folk, con tanto di spunti di violino e mandolino, temi trainanti che si ripetono durante l’ascolto e melodie ariose.
Detto che le parti vocali e il lavoro alla batteria si integrano alla perfezione con l’abilità esecutiva di Suzi e che si poteva fare un po’ meglio in fase di registrazione e produzione, passiamo alle conclusioni. Come accennato, ci sono un paio di momenti poco convincenti, che non permettono a “The difficult second” di raggiungere un voto molto alto. Ma preso nel complesso siamo di fronte ad un buon disco, apprezzabile molto nei momenti più legati al prog, sia quelli legati agli Yes, sia quelli in cui c’è una fusione con stili orientali. Personaggio interessante e da seguire Suzi James, brava sia con gli strumenti che in fase compositiva; magari mettendo più a fuoco quest’ultima potrà innalzare ulteriormente la qualità della sua musica.



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Peppe Di Spirito

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