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GRAVEYARD |
Graveyard |
Transubstans |
2007 |
SVE |
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Sembra che l’etichetta svedese Transubstans si stia specializzando in lavori che devono molto alla scena hard psichedelica degli anni 70. E’ infatti la volta dei Graveyard, gruppo di Göteborg all’esordio che ci propone una riuscitissimo salto all’indietro di 35 anni.
I quattro ragazzi svedesi si calano anima e corpo nell’ambientazione musicale di quegli anni, mettendoci, in ogni caso, quel pizzico di modernità che potremmo definire quasi grunge. Il loro suono deve molto, moltissimo a gruppi come i Blue Cheer, Leaf Hound, Cream, Captain Beyond, Grand Funk Railroad, Pentagram etc etc.
Ascoltando gruppi come questo si capisce come l’esplosione del grunge di 15 anni fa non è stato altro che un appropriarsi di suoni sporchi che forgiarono una generazione. Chi esalta per esempio i Mudhoney, i primi Soundgarden o, in genere, tutto il catalogo della Sub Pop farebbe bene a riandarsi a sentire quello che già era stato inventato molti ma molti anni prima.
I Graveyard tanti problemi non se li fanno, gli importa poco di essere definiti originali, di creare stili o mode ma ci propongono invece nove tracce sporche, ruvide, tutte sotto i cinque minuti, tirate al punto giusto che non sfociano mai nell’hard rock, ma strizzano invece spesso l’occhio alla scena folk locale e alla psichedelia. Brani come "Submarine blues" o "blues soul" in qualsiasi disco dei Sundgarden nel primo caso o di Danzig nel secondo, sarebbero considerati classici, senza chiedersi più di tanto dove abbiano pescato quelle sonorità.
La voce, molto bella, del cantante che ricorda molto sia Glen Danzig sia Chris Cornell, è adattissima alla proposta musicale che gli svedesi portano avanti.
Niente di nuovo sotto il sole, solo un bel gruppo per passare un’oretta scarsa in maniera diversa, senza per forza andare a ripescare vecchi vinili polverosi o raccolte di cd sul rock psichedelico anni70.
Molto bella anche se inquietante la copertina.
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Antonio Piacentini
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