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GOD IS AN ASTRONAUT Far from refuge Revive Records 2007 IRL

Quindici anni fa se ci avessero assicurato che i Dream Theater sarebbero stati considerati una delle massime espressioni del rock progressive dal fruitore musicale medio, probabilmente ci saremmo fatti una bella risata.
Nel 2008, purtroppo, capita che gruppi o tendenze musicali, che hanno poco da spartire con quello che è il rock progressive come s’intende canonicamente, diventino più famosi dei gruppi o delle influenze che dovrebbero incidere di più su questo movimento musicale.
Siamo forse davanti ad un caso del genere.
Gli irlandesi God Is An Astronaut non fanno rock progressive, penso che nemmeno loro credano di farlo o di suonarlo (come di solito capita se si parla con molti gruppi della scena indie accostati al mondo prog), tuttavia sono consideratissimi, amatissimi e quando passano in radio considerati i nuovi alfieri del nostro mondo.
Allora la domanda nasce spontanea: perché una recensione su Arlequins se non fanno prog? Semplicemente perché il fruitore medio attuale della musica che amiamo, vede nel post rock (altra definizione che non significa assolutamente niente) una delle possibili evoluzioni del rock progressive.
Forse avranno ragione loro e tra quindici anni troveremo anche i God Is An Astronaut sul trono del prog o forse anche questo fenomeno musicale sarà destinato a sgonfiarsi.
Diciamolo chiaramente, anche la carica “innovativa” del post rock si è in sostanza esaurita, quei gruppi che avevano qualcosa da dire l’hanno detta e, considerato anche le soluzioni musicali scarne che questo tipo di musica applica, difficilmente vedo all’orizzonte un futuro roseo per questo ennesimo sottogenere. Potremmo tenere lo stesso discorso dicendo le stesse identiche cose per il prog metal che vive per forza d’inerzia da più di dieci anni. E questi due mondi musicali hanno minimo due cose importantissime in comune: la prima è senz’altro la base giovane di appassionati che porta a suonare moltissimi ragazzi queste sonorità; la seconda è che entrambi i movimenti sono stati considerati profondamente progressive quando la loro “carica infettiva” era finita.
Tuttavia non tutto quello che suona strano alle orecchie deve e può essere considerato prog.
Che cosa ha fatto il trio irlandese per meritarsi cotanta premessa?
Niente di che, solo aver shakerato ben bene quanto di buono avevano fatto i Mogwai con la parte meno arrabbiata dei Porcupine Tree, non scordandosi mai che i Sigur Ros sono ancora un gruppo amatissimo nell’ambiente della musica strana.
Da questo megafrullatone ne vengono fuori nove pezzi che son belli di per sé, forti di una semplicità, di una povertà di suoni che ammalia e che ti fa scordare che anche quell’uso di note col contagocce è costruito.
Pezzi come la title track “far from refuge” o “Beyond the dying light” ti restano in mente grazie a quel crescendo che ti riempie le casse in maniera semplice e ossessiva. Anche la penuria di note che contraddistingue “Tempus Horizon” ti ronza nelle orecchie un po’ perché non riesci a capire a quale brano dei Mogwai è rubato, un po’ perché è bello di suo.
Concludendo non è un album progressivo, anche perché non è nato per esserlo. Non è un lavoro originale, anzi fa delle sue influenze il suo punto di forza. Non è un album pomposo, anzi fa del profilo basso un’altra caratteristica importante. E’ tuttavia un album bello. Forse dirò una bestemmia per il purista prog, ma è tra i miei preferiti del 2007.
Chissà se tra 15 anni ci ricorderemo ancora dei God Is An Astronaut e di questo lavoro…

 

Antonio Piacentini

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